Il Milan spaventa la Signora ma si prende due schiaffi

La squadra di Seedorf aggressiva nel primo tempo senza trovare il gol. Llorente sfrutta la prima distrazione. Raddoppio capolavoro di Tevez

Il Milan spaventa la Signora ma si prende due schiaffi

La Juve si rimette in testa la corona tricolore, il Milan rivede un'altra volta le streghe. La Juve sale a più undici sulla Roma: ha lo scudetto in tasca e può dedicarsi senza affanni all'Europa league. Il Milan ha tra le mani la formula magica del gioco ma non trasforma in lingotti d'oro, in gol insomma, tutti quegli scavi in miniera. Come in Champions contro l'Atletico, per un tempo mette a ferro e fuoco l'area juventina, sfiora più volte il sigillo che può indirizzare verso altri orizzonti il campionato e anche il suo presente ma finisce per ritrovarsi beffato al primo svarione difensivo (Rami). Sprecare è un delitto, nel calcio come nella vita di ogni giorno: e le conseguenze pagate dai rossoneri sono una sconfitta che inchioda oltre il risultato (Pogba scolpisce anche un palo nel finale) e i demeriti effettivi. Con quella artiglieria è inspiegabile la sua uscita dalla Champions: una fatale leggerezza. Buffon, contraddizione apparente del risultato, è tra i migliori dei suoi, con quei due "bravi" davanti, e la ola conclusiva dei bianconeri è solo il fiocco a una serata da incorniciare. Brividi, tanti brividi, prima di imporre i diritti del superiore talento balistico e del cinismo che sono qualità da campioni di razza. Per fortuna di Braschi e soci non ci sono episodi che possano dare spazio alle moviole: Guida commette appena qualche sfondone, senza nessuna importanza.

Il Milan gioca, diverte e sfiora più volte il bersaglio, una, due, tre, quattro volte, con Kakà e Poli, con Pazzini. Troppi sprechi per non lasciare immaginare un epilogo beffardo. La Juve invece si difende con le unghie e con i denti e poi, alla prima occasione, tira fuori l'artiglio per lasciare il segno sulla pelle stagionata di Abbiati. È questa la morale dopo la prima frazione colma di gioco milanista, di novità tattiche e di vistose difficoltà juventine, specie nel pilone difensivo centrale dove Bonucci è in crisi nel pedinare Pazzini, l'uomo mascherato. La novità firmata Seedorf, questa volta, riguarda non i componenti, sono quelli previsti, gli stessi dell'Atletico, ma il disegno tattico preparato per l'occasione, con Taarabt e Kakà larghi sugli esterni e Poli che si dedica al controllo di Pirlo per procurargli qualche prurito, mentre Abate ed Emanuelson imbottigliano Lichtsteiner e Asamoah, deputati più a difendere che ad offendere. Quello del Milan è un gioco palleggiato in orizzontale prima d'infilarsi tra le linee bianconere provocando scosse al povero Buffon che deve intervenire a ripetizione per respingere le sassate di Montolivo, il destro liftato di Kakà pronto a replicare nell'angolo opposto dove Bonucci si sostituisce efficacemente al portiere sulla linea, la giravolta di Pazzini. A completare il panorama Poli, liberato al tiro, non coglie il bersaglio comodo. Seedorf, dalla panchina, applaude i suoi, come il resto dello stadio rossonero eccitato dall'esibizione, di grande spessore calcistico. Senza i furori agonistici di un tempo ma con geometrie calibrate al centimetro: la Juve è spesso disorientata, annichilita in qualche snodo. Come si intuisce è un monologo milanista spezzato nel finale da un agguato juventino. Che nasce dalle conseguenze di un rinvio maldestro di Rami su cui s'avventa Marchisio: uno-due con Tevez e Lichsteiner ed ecco Llorente tutto solo e smarcato davanti alla porta pronto a timbrare il cartellino numero undici della stagione.

Il Milan non molla la presa nella seconda frazione: è meno avvolgente nella manovra, meno pericoloso, Taarabt è meno preciso ed efficace nelle sue giocate, le cadenze non sono più serrate, eppure continua a chiamare Buffon agli straordinari. Durante le prime battute perde anche Poli (al suo posto Saponara un po' spaesato) abbattuto in volo da Caceres al culmine dell'ennesimo blitz in area bianconera. Lo portano via in barella e poi in ospedale: colpo al parietale destro, trauma cranico, ma nessun danno. La sfida si scalda d'improvviso con qualche colpo proibito di troppo (Pirlo, diffidato, salterà la Fiorentina) ma esaurisce la sua carica giusto alla metà appena la Juve rimette piede nella metà campo rossonera. Questa volta non è un rinvio sbilenco a innescare la Juve ma una prodezza balistica di Tevez a fulminare Abbiati con una schioppettata sotto la traversa. Distanza 25 metri più o meno: una saetta, imprendibile, preparata in eccesso di libertà, questo sì.

Discutibili, di Seedorf, restano alla fine i cambi della ripresa: il primo (Honda per Montolivo) è un capriccio tattico inspiegabile, il secondo (Robinho per Taarabt ormai spento) un eccesso di fiducia nel brasiliano che si ripresenta a San Siro con una traversa da schiantare. A quel punto il Milan si affloscia e la Juve dilaga.

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