Inutile andare a risfogliare le squadre delle ultime due semifinali Champions di Milan (2007 Manchester United) e Inter (2010 Barcellona, allenatore Guardiola), probabilmente sarebbe un revival da nostalgia. E farebbe male alla salute dei tifosi di oggi e di ieri. Leggere per capire quanto sia meglio tenersi lontani da quei giorni. Citiamo solo i top. Milan con Nesta Kaladze, Kafu, Gattuso e Pirlo, Ambrosini, Seedorf e Kakà, Inzaghi e Gilardino. Inter con Julio Cesar, Maicon, Lucio, Samuel, Chivu, Materazzi, Zanetti, Cambiasso, Sneijder, Milito, Eto'o. Troppa differenza con le squadre di oggi: nei nomi e nella sostanza. Il Triplete interista aveva radici solide. Poi, allora come oggi, serviva un po' di fortuna e qualche divagazione arbitrale. Però questa Milano, che tornerà in finale di Champions, restituisce un sorriso, un bel batticuore, anche al nostro calcio. Un po' meno al cuore, viste le difese. Ecco, le difese. Milan e Inter di allora erano ben fornite, seppur Maignan (c'era Dida) non avrebbe sfigurato e Kjaer se la sarebbe cavata. Non così l'Inter che non regge il confronto con i muri issati da Samuel e soci ed, invece, avrebbe potuto inserire Barella e Calhanoglu fra i centrocampisti, Lautaro o Dzeko come terza punta (c'era Pandev).
E qui torniamo ai tempi nostri a due serate trionfali negli effetti, un po' meno nella sostanza. Milano che fatica quando la partita sembrava vinta. Subiti gol da accademia dei polli: l'Inter più del Milan. E se il Diavolo ultimamente è apparso più solido, l'Inter tiene sempre con fiato sospeso fino all'ultimo. Con il Benfica è quasi un'abitudine quella dei tre gol: nel 2003, coppa Uefa, finì 4-3 con rete decisiva di Obafemi Martins, dopo essere stata in vantaggio 3-1 guarda caso. Ma c'è da dubitare che la suspense sia l'anima di una vittoria. Nel post San Siro si intravedeva qualche muso lungo, orecchie basse più che sguardo alto. Quasi a ricordare un tempo morattiano quando la squadra, dopo una vittoria, festeggiò con allegria sotto la curva e il presidente se ne ingrugnì perché, disse, non abbiamo vinto la Champions: solo una partita. Qui l'aria pareva quella di un gruppo consapevole (parole di Milito): buona la ciambella, meglio se con qualche buco difensivo in meno. Si dirà: almeno le punte hanno ricominciato a segnare. Pareggiare un match vinto è da inesorabili scialacquatori e quest'anno l'Inter fa scuola. Meglio dimenticare Skriniar, operato alla schiena, e riassettare la vigilanza difensiva. Il finale da batticuore fa spettacolo, e magari non fa punti. Le milanesi, in serie A, hanno subito più reti di Napoli, Lazio e Juventus insieme (71 a 66).
Ecco, in questo calcio, in questo navigar di speranze, stiamo passando da Milano dal cuore in mano (gol subiti) alla Milano dal batticuore. Eppure, comunque vada, sarà un successo: chi lo avrebbe immaginato un'estate fa?
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