nostro inviato ad Appiano G.
Luciano Spalletti chiude il personalissimo tour di una settimana nella sua Empoli. Da Montella a Giampaolo passando per Sarri. Tre che in quell'angolo di Toscana hanno lasciato il segno così come il tecnico dell'Inter. Questi otto giorni nerazzurri al sorteggio dei calendari erano considerati il primo snodo della stagione, per ora superato di slancio con la vittoria icardiana nel derby e il pareggio di personalità a Napoli, si potrebbero chiudere contro la Sampdoria regalandosi un'altra notte, la terza in dieci giornate, solitaria al comando.
Spalletti fa spallucce: «Se continuano a chiederci se siamo da scudetto, vuol dire che non ci considerino tali, che hanno dubbi su di noi. Alla Juve non si chiede mai se è da scudetto. Ma noi sappiamo cosa vogliamo e dove vogliamo arrivare». A partire dalla partita con la Sampdoria di quel Giampaolo tifoso nerazzurro «che ha detto che un giorno vorrebbe allenare l'Inter. E io in quella stagione sarei il primo a fare l'abbonamento», dice serio l'allenatore dell'Inter, che manda un messaggio alla squadra: «Dopo Napoli dobbiamo essere bravi a ripartire da zero, ci vuole sempre la stessa attenzione, la stessa qualità». A maggior ragione contro una squadra come la Sampdoria «guidata da un allenatore forte che rende tali tutte le squadre che allena. Sa tutta la storia, è partito da niente e ora allena un gruppo tra i più forti del campionato». Spalletti è talmente convinto di questo che pungola i suoi perché «la Sampdoria ci è arrivata davanti l'anno scorso». Non solo, i blucerchiati hanno anche vinto entrambe le ultime due sfide di campionato dominando soprattutto sul piano del gioco. Serve anche questo per «riazzerare tutto», come dice il tecnico che non pensa alla concorrenza: «Non vogliamo far paura a nessuno, guardiamo a noi».
Ed è un bel guardare, lo si legge negli occhi di Spalletti. Che si illumina quando gli fanno notare la solidità della difesa, la migliore del torneo con cinque reti subite al pari di Napoli e Roma «anche se il Napoli per qualità del gioco resta lontano». Il prossimo step sarà migliorare l'estetica. Intanto c'è una personalità acquisita dimostrata di fronte al super attacco di Sarri anche se quel palleggio «nella nostra area mi ha fatto stringere i denti, a volte è stato rischioso», avverte l'allenatore.
Che a proposito di difesa si coccola uno dei tanti ex, quel Skriniar già ribatezzato muro che all'Inter è un'investitura: «È al sessanta per cento del suo potenziale», assicura con una smorfia Spalletti che svela la grande paura: «Quando vanno in giro i direttori non temo niente perché non si prende niente, ma che si instaurino certi rapporti perché gente come Skriniar non deve andare via». Una battuta che nasconde una verità di mercato.
E a proposito di battute e di difesa il ministro dello Sport, Luca Lotti, ieri ha messaggiato con Spalletti: «Mi ha scritto che spera si liberi una panchina con tutti questi ministri». Un tormentone scatenato proprio da Spalletti che aveva definito Sarri ministro dell'Economia, ricambiato dal collega dopo la partita del San Paolo «lui potrebbe fare quello della Difesa». Magari per sottolineare la gara di contenimento dell'Inter. «Il mio era un complimento sincero spero lo fosse anche il suo». Comunque sia il ministro Spalletti vota la fiducia alla sua Inter: «È uno dei gruppi più forti che ho allenato». Talmente convinto di quello che dice da rivelare che «non ho bisogno di appendere regole nello spogliatoio.
Non impongo più niente perché quando sono al punto di farlo vuol dire che siamo rovinati. E chi vuole può andare a dormire a casa e non restare in ritiro. Io mi fido di loro». Spalletti si è definitivamente preso l'Inter.
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