Come un fidanzato che scrive all'amata sui muri. Adriano Galliani, anni 76, non ha fatto mistero di «aver pensato solo al Monza», nei momenti più bui del ricovero per Covid. Nella buona e nella cattiva sorte, proprio come ora. Con il 3-0 rimediato lunedì a Cittadella, nell'andata delle semifinali playoff, che rischia di spezzare l'incantesimo tra i biancorossi e quella serie A inseguita e corteggiata già ai tempi della serie C. Così lui tappezza il centro di allenamento di Monzello con un messaggio chiaro: «Crediamoci». Sale riunioni, spogliatoi, lavanderie fanno eco di un'esortazione che sa di cuore oltre l'ostacolo. Un po' come il sarà romantico con cui si presentò in Brianza, quando Fininvest acquisì la società nel settembre 2018, ora tatuato sui muri dello stadio.
E poco conta se la strategia di persuasione, riassunta dal tacalabala passato alla storia, Galliani la prenda in prestito da quell'icona dell'interismo che è Helenio Herrera. Perché in fondo anche lo stesso Stefano Pioli, ora al Milan come già ai tempi nerazzurri, la strategia dei cartelli l'aveva fatta sua. Rinnovando una tradizione che negli anni è stata rinfrescata dalla Nazionale spagnola nel 2012 o ancor prima da Claudio Ranieri e Carlo Mazzone a Roma.
Il Monza, per crederci, ora guarda a chi ce l'ha fatta: al 6-1 con cui il Barcellona ribaltò il Psg agli ottavi di Champions nel 2017, dopo che per 185 volte un 4-0 dell'andata non era stato ribaltato al ritorno.
All'Uruguay del Maracanazo nel 50 o alla remuntada più indigesta allo stesso Galliani: da 3-0 a 3-3 a Istanbul nel 2005, con il Liverpool poi vittorioso ai rigori sul Milan in finale di Champions. Ma per amore si è disposti anche a cambiare. E a Galliani, per la finale di playoff, andrebbe bene anche attingere all'ispirazione dell'interista Herrera o del Liverpool sicario del Milan. Provare per crederci.
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