Torino L'ultimo gol allo Stadium lo ha segnato su rigore, il 28 febbraio scorso. Contro l'Inter: Handanovic da una parte, palla dall'altra. E Juventus vittoriosa 2-0: Alvaro Morata ha poi realizzato altre quattro reti con addosso il bianconero, timbrando a modo suo la stagione passata. Dodici gol per salutarsi, avendone già segnati quindici in quella precedente: non male davvero, per un ragazzo classe 1992 catapultato nella realtà italiana direttamente dalla stratosfera del Real Madrid. Che poi se l'è ripreso, versando 30 milioni nelle casse bianconere: domani sera l'ex centravanti juventino tornerà quindi sul luogo del delitto, nella sua «seconda casa, perché a Torino sono stato davvero bene». Stavolta, Lopetegui (ct spagnolo) permettendo, indosserà la casacca della nazionale spagnola: settima presenza probabile, due gol all'attivo e un assist. Il futuro è suo, lo dicono tutti e lo ha ribadito ancora ieri Bonucci: «Tempo pochissimi anni e Alvaro diventerà uno degli attaccanti più forti al mondo. Ha grandissime qualità, sia come calciatore che come uomo».
Pericolo pubblico numero uno, allora. Che la Juve si sarebbe tenuta volentieri. «Il suo ritorno a Torino è solo una suggestione», ha puntualizzato due giorni fa Marotta sull'argomento. Perché a Madrid l'ex bianconero gioca sì, ma ovviamente non sempre: 485' finora spalmati in dieci presenze, con due reti all'attivo (una nella Liga, contro il Celta, il 27 agosto) e una in Champions (allo Sporting Lisbona, il 14 settembre). Magari si aspettava di più lui per primo (in campo per novanta minuti solo una volta, l'ormai lontano 10 settembre), magari Zidane non vuole bruciarlo: questi però sono i numeri e del resto quando sei in mezzo ai galacticos non puoi pretendere il ruolo di intoccabile a meno di essere CR7. Pazienza e pedalare, questo è quanto: lezione mandata a memoria anche a Torino, con Allegri che ne ha dosato l'impiego ricavandone il meglio. Due scudetti su due, 93 presenze e 27 gol. Alcuni dei quali bellissimi e pesantissimi: specie in Champions nella prima stagione, con scalpi del calibro di Real Madrid (sì, proprio quello), Barcellona (nella finale di Champions), City e Dortmund. Peraltro, buttando la palla dentro contro il Siviglia più o meno un anno fa, Morata aveva eguagliato Del Piero segnando il quinto gol di fila in altrettante partite di Champions League guadagnandosi così il titolo di Mister Champions: manifestazione che gli è cara, visto che tra Juve e Real ha timbrato il cartellino 9 volte (con sei assist) in 28 presenze.
Tornerà ad assaporare l'aria che è stata sua negli ultimi due anni, allora. E come lui lo faranno Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini in uno stadio che è il fortino della Signora. Frequentato con scarsi successi anche dal ct Ventura (sempre sconfitto quando era alla guida del Toro), dal granata di oggi Belotti, da Darmian nonché dai doppi ex Ogbonna e Immobile.
Storie che si intrecciano, atmosfere strane che si respireranno, una qualificazione mondiale da avvicinare remando tutti dalla stessa parte: con Morata nel ruolo di guastafeste e più di un tifoso juventino che lo guarderà con affetto. «Allo Stadium mi sono sempre sentito a casa», ha ribadito più volte lo spagnolo. Che durante la sua esperienza bianconera vi ha segnato dodici volte: possono anche bastare, volendo.
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