«Moratti? Credo non mi chiamerà, ma sono pronto a parlargli...»

«Moratti? Credo non mi chiamerà, ma sono pronto a parlargli...»

Re per una notte, lassù solitario in vetta per almeno 24 ore con il suo Pescara, poi questa sera si vedrà cosa combinerà il Torino. Ma tutto questo a Zdenek Zeman importa poco e dopo aver ottenuto a Cittadella il settimo sigillo esterno, non si lascia prendere dai facili entusiasmi. «La A più vicina? Non lo so proprio, mancano tante partite e tutto può succedere. Dipenderà anche dalla condizione con cui arriveremo a maggio».
Punto e a capo e poco importa se il Pescara è subissato di lodi per il gran gioco che evidenzia. Poco importa se un suo grande nemico come il ct dell’Under 21 Ciro Ferrara che gli rispose per le rime quando Zeman voleva far uscire le società, Juve in primis, dalle farmacie, ora pesca a piene mani tra i talenti del Pescara. Perché se Insigne, Verratti e Capuano sono già azzurrini, tra breve li raggiungerà anche Ciro Immobile, il capocannoniere della B con 20 reti. Insomma Zemanlandia è tornata di moda o, forse, non se n’era mai andata, si aspettava solo che il quasi 65enne boemo si riprendesse il proscenio, senza sparate o polemiche, ma solo con la tecnica, la tattica, il modulo.
Non è filosofia calcistica questa, ma sentite cosa dice: «Gli uomini? Nel calcio contano gli spazi. A me non hanno mai detto: questo è il tuo avversario, ma quello è il tuo spazio». E poi: «Nel calcio non sempre vincono i migliori. Io posso anche arrivare ultimo, ma se ho ottenuto il massimo dai giocatori e li ho migliorati, come allenatore ho vinto». Chiaro no? Dopo una vita passata sull’ottovolante, dal Foggia dei miracoli alle esperienze romane su entrambe le sponde del Tevere, dai tre mesi in Turchia col Fenerbahce all’infausta retrocessione col Napoli, dalla salvezza col Lecce alla parentesi bresciana con ritorno nel Salento, dal fallimento con la Stella Rossa al riapprodo nell’amata Foggia. E infine, quando più nessuno se l’aspettava, il Pescara che oggi può permettersi di guardare tutti dall’alto. Il merito è suo, ma non diteglielo e non aspettatevi sorrisi e risposte perché «per me è difficile rispondere subito, ho bisogno di pause per pensare». Zde che nella natia Praga aveva un futuro da insegnante di educazione fisica e da allenatore di pallamano, il suo sport preferito, e che invece nell’estate 1969 andò in vacanza a Palermo dallo zio Cesto Vycpalek, appena in tempo per evitare i carri armati mandati da Breznev, fermandosi nel Bel Paese per sempre amato e odiato nello stesso modo, perché Zeman o lo prendi così o lo stramaledici, ma non puoi ignorarlo.

Al punto che un altro romantico del pallone come Massimo Moratti ha pensato anche a lui, ottenendo in cambio un «io penso che non mi chiamerà, ma è normale. Poi, se mi chiama, se ne potrebbe parlare». Dopo la promozione in A del Pescara, però.

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