«Dottore, ma quanto ci manca!»
«Sapeste quanto manca a me l'Inter...!».
Questo dialogo affatto surreale, andato in onda durante una pausa pranzo al Fermaglio oppure in un incontro non così casuale da Piero a Forte, era nella natura delle cose, chi sta accanto a Massimo Moratti si sta accorgendo quotidianamente di quanto soffra in questa nuova vita da socio di minoranza: «Sì, è vero, l'Inter mi manca - ha ammesso l'ex presidente -. Ma da tifoso».
Era stanco, ha mollato, questo è confermato, i tifosi restano legati a lui, alla famiglia e a una tradizione di presidenti milanesi, da Angelo Moratti a Fraizzoli e Pellegrini. Thohir non può non aver preso in considerazione questo scenario come l'ostacolo più difficile da abbattere, la lontananza fisica ha fatto il resto. Il giorno di Pasqua c'erano Ausilio e Zanetti alle otto del mattino ad Appiano, né Thohir né il Ceo Michael Bolingbroke, Mancini quella notte aveva dormito lì. A Thohir non se ne può fare una colpa se ha la residenza a Giacarta ma c'è sempre qualcosa di vero anche dietro la più clamorosa delle invenzioni. Come se ricomprare l'Inter fosse una cosa semplice. Una cordata di milanesi facoltosi, l'amicizia con Ernesto Pellegrini e Marco Tronchetti, una rastrellata di imprenditori inglesi e americani e poi l'azionariato popolare ed è tutto fatto. A giro d'orologio sono arrivate le smentite dell'Ernesto, poi di Tronchetti: «Ha già risposto Moratti, noi non facciamo parte di nessuna cordata». Gli eventuali americani che potrebbero entrare sono già stati rastrellati da Erick Thohir negli ultimi due anni, tutti gli ereditieri dal North Dakota alla Louisiana hanno ricevuto una lettera di convocazione, già fatto. Gli sceicchi al momento non sono interessati, altri asiatici sarebbero un affronto all'attuale presidenza. E sull'azionariato popolare, vecchia idea della signora Milly, meglio metterci sopra una pietra, qui da noi non ci sono soldi, si va alla partita come si andava sul Piave, e nessuno pagava per tirare agli austriaci. Inoltre, da fonti vicinissime alla signora consorte, se l'Inter dovesse tornare di proprietà della famiglia, Milly sarebbe capace di bombardare le postazioni più avanzate della cordata, magari a bordo della sua bici.
Però i tifosi si chiedono perché quello che ha fatto Thohir non l'abbia fatto Moratti. E anche Moratti se lo sta chiedendo. In fondo ha ottenuto solo dei prestiti che non sarebbero stati negati neppure a lui. E i soldi messi finora, sempre che siano confermate notizie e modalità, sono altrettanti prestiti che Thohir ha fatto alla società Inter, quindi con interessi che vanno onorati. La nostalgia di Moratti è sotto gli occhi: «Possibilità di rivedermi all'Inter? Per ora non ce ne sono». Ma allora, ci si chiede, perché non ha ceduto tutto e tagliato definitivamente il cordone ombelicale che lo lega alla sua creatura e si è tenuto un inutile 29,5 per cento che conta zero e lo obbliga solo a partecipare a eventuali ricapitalizzazioni senza poter avere alcun potere decisionale? In realtà glielo ha chiesto Thohir, come del resto si fa in queste situazioni: io compro ma tu per una mia sicurezza personale, resti in società almeno per i prossimi due, tre anni. E così è stato.
Sembra quasi consequenziale che il possibile suo ritorno sia una confidenza
uscita dal suo entourage. Thohir da Giacarta ha fatto sapere poche cose ma chiare: per comprare una cosa, occorre che qualcuno la venda. E l'Inter non è in vendita.Forse è questo che non è ben entrato in testa a qualcuno.
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