Muntari, che ossessione "Riparleremo di quel gol"

L’ad del Milan: "Conservo le foto della rete non vista. Vedremo a fine campionato se saranno più i nostri rimpianti o i rimorsi dei bianconeri"

Muntari, che ossessione "Riparleremo di quel gol"

Si capisce subito che è il giorno giusto per incontrare Adriano Galliani e parlargli di calcio. Eppure ha solo un’ora di sonno effettivo durante la notte, vissuta «con gli occhi spalancati per via dell’adrenalina». Eppure ha evitato di far tardi a cena nel solito covo di via Pisani, «solo pizzette a casa» il particolare reso al crocchio di giornalisti che lo circonda appena mette piede nel palazzo dei Giureconsulti, sede della Camera di Commercio, per tracciare il bilancio di un anno di sponsor e occuparsi di molto altro ancora. Ha voglia di fare battute anche sul traffico di telefonate in arrivo al suo cellulare diventato lo scrigno dello scandalo. «Mi ha chiamato Beretta per conoscere il mio parere sulla contemporanea della Juve. Ho risposto che nulla ostava anche se non capisco proprio quale differenza ci sia nel giocare prima o dopo» è il suo commento dolce-amaro. Da Beretta una chiamata, da Torino silenzio assoluto. «Vi ricordate la canzone di Domenico Modugno? Piange il telefono...» è il primo sassolino che si toglie dalle scarpe comode. Doppia la telefonata proveniente da Silvio Berlusconi, atteso allo stadio e poi rimasto a lavorare in ufficio: «Mi ha chiesto a che punto è la trattativa con Guardiola...». Sta diventando un tormentone, diventerà la spinta per Allegri, destinato a rimanere in sella, più solido di prima, grazie «ai risultati eccellenti degli ultimi due anni, siamo davanti a tutti anni luce col punteggio dei due tornei» è l’altro tasto che Adriano Galliani continua a pigiare ogni 5 minuti.
Che sia un bel giovedì di sole, a Milano centro, e che il Milan sia tornato d’improvviso il centro di gravità calcistica italiana, lo dimostra anche quella scolaresca, molti indossano il cappellino rossonero, che attraversa in colonna, disciplinata, via Mercanti, scortata da tre insegnanti col fiatone: lo riconoscono, lo acclamano, «Adriano, Adriano salutaci», e lui s’affaccia alla balconata del palazzo e saluta e plaude, manca solo la benedizione per farlo apparire un cardinale in giacca e cravatta gialla d’ordinanza. I temi del giorno sono quelli scontati. «Ha sentito l’urlo di San Siro al gol del Lecce?» gli chiedono. Macché. A quell’ora Galliani è già rifugiato nello spogliatoio, televisore rigorosamente spento. «È successo anche a Siena, per me era finita 2 a 1 e non 4 a 1» fa sapere. E del match tra Delio Rossi e Ljajic? «L’allenatore ha sbagliato, ha ecceduto e non lo giustifico ma credo che i calciatori debbano imparare l’educazione. Questi episodi sono successi anche a Milanello fra insospettabili (Capello e Gullit, ndr), all’epoca non uscivano perché nessuno parlava, ma ormai è tutto in prescrizione» la risposta didascalica tra presente e passato.
Oguno ha la sua paranoia, è vero. Quelli della Juve tirano in ballo gli scudetti cancellati dalla giustizia sportiva e la terza stella e Adriano Galliani continua a mostrare sul suo cellulare l’istantanea del gol di Muntari. Da quell’episodio non si smuove neanche di un centimetro. E riesce a cogliere la presenza di Franco Baresi nella platea degli sponsor per sottolineare la differenza con la condizione attuale. «Allora Franco alzava il braccio e l’assistente lo assecondava, si fidava e decretava il fuorigioco. Vedeva meglio di tutti, Baresi. Forse avrebbe visto meglio anche quest’anno, non perché è di parte ma semplicemente perché ci vede» la stoccata dinanzi al microfono. D’altro canto sul suo cellulare le due foto, gol di Muntari e gol di Robinho a Catania, resistono al tempo e alla classifica che cambia. «Poi vedremo alla fine se dovremo inseguire più i rimpianti o i rimorsi di qualcuno» la frase simbolica che vuol dire tutto. E cioè, appuntamento al 14 maggio per stabilire cosa è accaduto. Se quel gol ha inciso sullo scudetto, si darà fuoco alle polveri e non saranno banali fuochi d’artificio, questo è sicuro. Abete si prepari.
Già, Muntari. Uno che è arrivato, come direbbe Totò, tomo tomo cacchio e si è messo a fare gol e a segnare partite decisive. «Muntari è sempre stato un buon giocatore» è la convinzione nemmeno molto interessata di Galliani che poi fa riferimento anche all’Inter, «sapete di quello che diceva rivolto all’amico sciupafemmine: i tuoi scarti saranno le mie regine...». Silenzio assoluto sul derby, invece. «Io non conosco il futuro, non so come finirà, nessuno poteva prevedere la finale Champions tra Bayern e Chelsea, perciò non faccio mai pronostici. Posso solo dire che stiamo facendo un grande campionato come l’anno scorso, abbiamo 77 punti a due gare dalla fine, siamo bravi a non mollare» è il suo credo in ossequio al comandamento berlusconiano secondo cui il calcio «è fatto di misteri gaudiosi e dolorosi». Nell’attesa che si scopra l’autore del delitto perfetto, Galliani può raccontare della sua seconda paranoia, che è fatta di calcoli quotidiani per stabilire il profilo europeo del Milan. «Siamo settimi nel ranking, nella peggiore delle ipotesi arriveremo ottavi, quindi saremo in prima fascia Champions» è il suo annuncio agli sponsor, capaci di regalargli un altro record, il fatturato è passato da 67 a 82 milioni, che di questi tempi magri è un’autentica impresa» il suo annuncio alla platea ufficiale degli sponsor che possono festeggiare la propria visibilità grazie anche ai 10 milioni di fan su facebook o il mezzo milione di follower su twitter.

Al prato misto di San Siro può dedicare una veloce conferma (si comincia a lavorare dopo il concerto di Madonna), a Mourinho una risposta distaccata. «Non sono geloso del suo rapporto con Ibra, non conosco l’sms spedito a Ibra, so solo che Ibra resta volentieri con noi» chiude Galliani.

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