Russia 2018

Il muro dell'Uruguay all'esame di Mbappé

Godin&Co. dopo CR7 devono ingabbiare il prodigio francese. Ma pesa l'assenza di Cavani

Il muro dell'Uruguay all'esame di Mbappé

Come si ferma un giocatore fatto di vento e acciaio? Coniata da Jorge Valdano, questa brillante metafora dedicata a Kylian Mbappè è contenuta in una domanda che rappresenta uno dei temi caldi del primo quarto di finale del Mondiale russo. Un test di resistenza di capitale importanza per il muro uruguaiano, uscito indenne dallo scontro con Cristiano Ronaldo negli ottavi. Solo che il Portogallo, a livello offensivo, era CR7 e poco altro, mentre la Francia, oltre al golden boy Mbappè (primo teenager a segnare almeno 2 reti in un Mondiale dai tempi di Michael Owen), può contare su bocche da fuoco quali Griezmann e Giroud, oltre che su elementi alla Pavard, gregari sulla carta, capaci però di inventarsi gol da fenomeni.

Livello di asticella destinato dunque ad alzarsi ulteriormente per il muro Celeste di Oscar Washington Tabarez, la cui selezione rimane la meno battuta, assieme al Brasile, in questa coppa del mondo. Un solo gol subìto ma, a differenza dei verdeoro, un possesso palla inferiore (49.4% contro 58.6%), che fa quindi presupporre un maggior minutaggio speso a difendere la propria porta. Ordinaria amministrazione per la coppia di centrali Godin-Gimenez, compagni di squadra nell'Atletico Madrid di Simeone, dove il tenere la palla il meno possibile è uno dei capisaldi della filosofia cholista.

C'era una volta Diego Lugano, personificazione della garra charrua che appartiene al dna del calcio uruguagio. La sua eredità si è scissa nella coppia Godín y Gimenez, che assieme all'altro duo Suarez y Cavani rappresenta il cuore, la pancia e i nervi dell'attuale selezione uruguaiana. Ma il Matador contro la Francia non ci sarà, perché le regole di Tabarez prevedono che un giocatore possa scendere in campo solo se si è allenato regolarmente nelle ultime 48 ore. Ma l'infortunio muscolare patito dall'attaccante contro il Portogallo non consente tempi di recupero così rapidi. Tornando a Lugano, c'è una linea evidente che lega l'ex San Paolo, PSG e Fenerbahce ritiratosi dal calcio a gennaio ai centrali titolari della Celeste. Godín ha ereditato da lui la fascia di capitano nel 2014 quando ha dato l'addio alla nazionale («È un uomo di principi - ha detto di lui Tabarez - duro ma leale, mai visto comportarsi scorrettamente»). A Gimenez Lugano diede la sua maglia nel 2013 quando, a causa di un infortunio, non poté scendere in campo in un match contro la Colombia, cruciale per la qualificazione al Mondiale 2014. Disputò un partitone, annullando Falcao e trovando definitivamente un posto tra i convocati per la coppa del mondo in Brasile. Oggi, a 23 anni, Gimenez è al suo secondo Mondiale e un posto al centro della difesa non glielo toglie nessuno.

Assieme a Thiago Silva, Godín è l'unico difensore top del panorama mondiale a non aver steccato in Russia. Piqué ha combinato disastri, Ramos è stato altalenante, Hummels e Boateng sono affondati con la Germania, Umtiti ha iniziato malissimo. Godín per contro ha guidato una difesa che nulla ha concesso nel girone, oggettivamente non difficile, prima di cancellare Ronaldo dal campo. Al Guardian ha parlato di una nazionale ancora più unita dopo la squalifica di Suarez quattro anni fa per il morso a Chiellini. «Lo stesso Suarez ha ammesso le sue colpe, ma la sanzione è stata sproporzionata. Lo hanno cacciato come un cane e non lo hanno fatto giocare per mesi». Adesso è il momento della rivincita, per cui nessuna paura.

Neppure dell'attaccante fatto di vento e acciaio.

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