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Nadal, lezione nella sua Parigi. Così si va oltre i propri limiti

Il maiorchino stravince la finale con Ruud: trionfo numero 14 al Roland Garros nonostante i guai fisici

Nadal, lezione nella sua Parigi. Così si va oltre i propri limiti

«Continuerò a lottare». Noi che giudichiamo i tennisti attraverso i numeri, dovremmo scolpire queste parole nella mente. Sì, è vero, Rafael Nadal ieri a Parigi ha vinto il suo quattordicesimo Roland Garros, il ventiduesimo Slam, il sessantatreesimo torneo sulla terra, il novantaduesimo totale. Ma dietro un campione così immenso si nasconde la quotidianità dell'uomo, e quella Rafa l'ha sempre in considerazione più di una partita o di un trofeo. L'uomo che ha sollevato ancora una volta la Coppa dei Moschettieri prendendola dalle mani di Billie Jean King, è lo stesso che andò a spalare il fango quando l'alluvione stravolse la sua isola di Maiorca, la stessa persona che ha comprato un pezzo di terra nella vicina Minorca perché nessuno potesse stravolgerne il paesaggio. Persona, appunto, che ha un solo obbiettivo: «Solo superare me stesso».

Andare oltre i propri limiti, Nadal lo ha fatto per tutto il torneo, ballando sopra un piede malato che non potrà mai guarire. Dolore, sempre. Iniezioni, tutte le volte che doveva giocare. Tabellone, impossibile (dicevano). Forza di volontà, infinita. «Finché avrò energia continuerò a provarci»: questa era la frase che la gente sugli spalti, i milioni di tifosi (e non) davanti alla Tv, volevano sentire. Non ci si abitua mai a uno come lui. Non ci si arrende mai al fatto che non ci possa essere più un Nadal davanti agli occhi. Perché c'è sempre da imparare.

E allora per questo ieri è stata la giornata più incredibile, e non certo per una finale che forse è stata la più brutta delle quattordici giocate, e vinte, da Nadal sulla sua più amata terra rossa. È finita 6-3, 6-3, 6-0, con Casper Ruud - che ha sempre avuto Rafa come idolo e che nella sua Accademia di Manacor si è formato per diventare un top 5 (da lunedì) - annichilito da 11 games consecutivi finali. Quando invece aveva pensato di avere una chance sul 3-1 nel secondo set. Tutto era già successo prima, in mattinata, quando la notizia di un possibile ritiro dal tennis dello spagnolo comincia a prendere corpo, tra spagnoli che negano, francesi che vedono un Federer pronto per accompagnare l'amico-nemico al tramonto, gli armadietti degli spogliatoi che non possono parlare ma un po' lo fanno. E allora ecco che quando Nadal sale sul podio per ritirare il trofeo, il mondo trattiene il fiato: sembra davvero più emozionato del solito, intorno a lui le facce sono da funerale, pare davvero finita. E invece: «Continuerò a lottare». L'ennesimo grande colpo del campione.

Non potrà però farlo ancora così: «Il momento peggiore è stato durante l'incontro con Moutet al secondo turno: stavo per fermarmi, per fortuna il mio medico era qui e mi ha potuto fare un'infiltrazione. Ma non posso continuare a gareggiare con il piede addormentato, dobbiamo trovare una soluzione. La prossima settimana parlerò con diversi medici per valutare le opzioni possibili: mi farò curare e spero che mi aiuti. Io vorrei andare avanti». Niente resa, appunto, e allora adesso dobbiamo solo fermarci a pensare cosa lascerà il giorno che deciderà che non è più momento di soffrire. Pensare a questa storia infinita cominciata 17 anni fa (il suo primo rivale, Alex Burgsmuller, oggi fa il radiologo a Essen e il campo in cui giocarono non esiste più) che invece non è ancora finita. «Baratterei la vittoria in finale con un piede nuovo - aveva detto Rafa alla vigilia -: è più importante vivere una vita normale». La smorfia di dolore sul suo viso raccontava una triste verità, ed è per questo alla fine che il Roland Garros 2022 non è solo quello dell'ennesimo trionfo di Nadal.

Ma una lezione di vita, a noi che la giudichiamo per numeri e che al primo ostacolo pensiamo non valga la pena di soffrire.

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