Napoli tra rabbia e orgoglio La priorità ora è lo scudetto

Il ko onorevole contro il City non ha minato le certezze di Sarri. Con l'Inter per l'allungo, ma Insigne è in dubbio

Marcello Di Dio

La notte a due volti di Manchester («scadenti per 30 minuti, molto bravi dopo», il giudizio di Maurizio Sarri) regala conferme sulle priorità nella stagione del Napoli. Che ha già fatto la sua scelta ed è quella del campionato. Dove il turnover sarà bandito almeno fino a quando qualche «titolarissimo» dovrà dare forfait per infortunio o squalifica. Non a caso gli unici due ko stagionali della truppa azzurra sono arrivati in Champions, competizione nella quale il tecnico ha cambiato qualche pedina e ha così mandato fuori fase i meccanismi collaudati dell'undici che ormai si recita a memoria. La scelta di tenere fuori all'inizio Allan, il più «britannico» per caratteristiche e giocatore fondamentale per fare filtro, non si è rivelata felice.

Il City ha dimostrato di avere picchi di rendimento altissimi, non a caso sta stracciando record in Europa quasi più del Napoli, ma se cala il ritmo diventa una squadra «umana» e battibile. Potrebbe aggrapparsi a questo la squadra partenopea per la sfida di ritorno al San Paolo del 1° novembre, gara nella quale dovrà almeno mantenere intatte le chance di passaggio agli ottavi, diminuite dopo la sconfitta all'Etihad Stadium. Il Napoli ha rischiato il naufragio nella mezz'ora da incubo vissuta in casa di Guardiola (che nella pancia dello stadio si è intrattenuto a lungo con Sarri), con un'arrendevolezza che negli ultimi mesi la squadra non ha mai mostrato, almeno in questi termini. Sarà stato un fatto psicologico, legato anche alle dichiarazioni del patron De Laurentiis («a Manchester c'è bisogno di turnover in vista dell'Inter») e dello stesso Sarri. Che ha provato a caricare la sfida in Inghilterra con una frase colorita, pur sottolineando che non era la partita decisiva per la qualificazione.

E se il secondo tempo di Manchester ha mostrato seri tentativi di accrescere la propria maturità europea e ha dato segnali confortanti per il futuro, andando a riavvolgere il nastro della serata, la cartina tornasole è la prova di Mertens. L'uomo in più del Napoli che per una volta torna a essere un giocatore normale come dimostrano i numeri impietosi (appena 18 tocchi e ben sei errori). Quel rigore «ciabattato» e sventato da Ederson è lo specchio di una gara nata male e proseguita peggio per il belga, mai capace di incidere e di adattarsi al contesto, ma evidenziando un egoismo figlio della frustrazione di non riuscire a essere decisivo.

La crescita mentale è anche questa: rapidità di assimilazione di fatica e sensazioni. Che non sono positive per Lorenzo Insigne, uscito malconcio (e in anticipo) dalla contesa inglese per una contrattura da affaticamento all'adduttore destro che andrà monitorata.

La gara con l'Inter sembra per ora lontana (si scaldano Giaccherini e Ounas per sostituire il folletto di Frattamaggiore), ma lui vuole esserci. Perché battere la seconda forza del torneo significherebbe mettere il cappello sul campionato. Il sogno di una città e di un gruppo che ha già sottoscritto un patto di ferro nello spogliatoio.

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