Lasciate fare agli arbitri, qualche pasticcio succederà. Non l'hanno fatto apposta, d'accordo, ma Milan-Barcellona di martedì sera si ritrova abbinata a Felix Brych, avvocato, giovanissimo fischietto tedesco, protagonista del gol-fantasma (palla mai entrata e "battezzata" dentro perché carambolata da uno sbrego nella rete) in Hoffenheim-Leverkusen. E la discussione è subito aperta. È vero, Collina ha designato in anticipo rispetto ai campionati nazionali, gli arbitri della Champions ma forse sarebbe stata utile una correzione al volo. E invece no. Perché Brych ha chiesto scusa e nell'occasione non è stato aiutato dai giocatori in campo che anzi lo hanno tratto in inganno. Questa la spiegazione ufficiosa. La sfida più ripetuta degli ultimi anni (quattro volte in tre stagioni tra girone iniziale, ottavi e quarti) potrebbe determinare una modifica regolamentare (proposta da Umberto Gandini all'esecutivo Uefa: introdurre nel sorteggio il paletto della ripetitività di una sfida).
Nel frattempo non ci sono più i perfetti nemici, Ibra da una parte e Guardiola dall'altra, ma il fascino e la suggestione sopravvivono egualmente. Incasso da tutto esaurito, 3 milioni di euro più o meno la cifra finale. Perché Messi è sul punto di tornare a pieno regime di giri e Kakà sta scaldando i suoi motori. Saranno loro i nuovi duellanti. Il brasiliano ha dato una brevissima, 20 minuti in tutto, dimostrazione sabato sera con l'Udinese. «Ho rivisto il mio Riccardino» la chiosa gongolante di Galliani, confortata dai giudizi di Allegri e da quelli della critica. Spirito giusto, scatto come ai vecchi tempi nel finale, solo l'egoismo di Niang (fuori dalla lista) gli ha impedito di misurarsi col primo tiro in porta dalla distanza media.
Con Kakà, il Milan ha deciso di seguire una sorta di tabella progressiva nell'utilizzo. Ha cominciato con 20 minuti, potrebbe seguire martedì sera con una mezz'ora completa, o addirittura un tempo, il secondo, dando il cambio a Birsa che nel frattempo come vice del vice-Kakà (Saponara) sta offrendo risultati inaspettati (6 punti sugli 11 collezionati in classifica sono merito suo con un paio di prodezze balistiche contro Samp e Udinese). Conferma della panchina, allora, per il figliol prodigo che ha confessato una particolare emozione prima di entrare a San Siro, «non riuscendo a immaginare quale accoglienza avrei ricevuto». C'è stato un boato, uno dei pochi avvertiti.
I ritorni di De Jong e Mexes, l'avvicendamento in porta (Amelia sostituto di Abbiati al posto di Gabriel che ha già riscosso consensi) e il ballottaggio a centrocampo (Poli o Muntari?) non sono materia di studio come invece i tre precedenti più recenti di San Siro. La prima volta (girone 2011-12), con il Milan campione d'Italia, fu il Barcellona a dominare la scena: raggiunto due volte (da Ibra e poi da Boateng), scattò nel finale con intesa ubriacante Messi-Xavi. La seconda volta (sera dello sfogo in tribuna del presidente Berlusconi con Galliani), quarti di finale, fu 0-0 tondo tondo: il Milan e Allegri cominciarono a prendere le misure. Infine negli ottavi della passata edizione il match milanese si concluse con il successo dei milanisti (2-0, gol di Boateng e Muntari) ribaltato dal 4-0 del Camp Nou al ritorno. Questa volta è in gioco la qualificazione del girone e forse non è più sufficiente allagare la propria metà-campo.
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