Milano - Moratti se n’è andato prima, segnale di fumo nero. Milito ha calciato un rigore con il piedino tremulo di una fatina: stranger in the night. Notte, notte fonda per il Principe, sempre più estraneo al calcio che lo ha fatto conoscere. Pur vero che i suoi gol sono 14, ma qui siamo al secondo rigore di fila che fallisce. E l’Inter perde punti, convinzione, autostima, forse non perde l’allenatore perché Moratti non ha più soldi da spendere invano. Eppure, almeno stavolta, la squadra deve rendere grazie al suo angelo protettore. Ha il nome, la maglietta e la forma di un arbitro.
Immaginate come saranno invidiosi quelli della Juve, giust’appunto ora che stanno per arrivare al fastidioso faccia a faccia.
Gabriele Gava da Conegliano, provincia di Treviso, anni 37 e vista indecifrabile, ha dichiarato subito le intenzioni e non ha deragliato fino al negar un fischio chiaro a tutti. Ha visto Bellini affondare Pazzini (era un gioioso abbraccio in tira e molla) e non ha esitato a indicare il dischetto. Che poi Milito si sia fatto deviar la palla da Consigli, è merito del portiere e bocciatura per il Principe. Poteva bastare, nonostante le tante prese d’area che avrebbero indotto ad altre tentazioni.
No, la buona azione quotidiana era definita e definitiva. Altre non se ne sarebbero aggiunte. E quando l’arbitro ha visto un imperdibile combina guai, leggi Lucio, andare a toccare e agganciare il piede di Gabbiadini non si è lasciato commuovere: avrà visto il piede sfiorare la palla e tanto gli sarà bastato. Al primo acchito chiunque avrebbe urlato e fischiato rigore. Perfino Ranieri ha ammesso: «Si poteva dare. Lucio è entrato in scivolata, ha preso palla dopo». San Siro è stato attraversato dal classico brivido: mancavano sei minuti alla conclusione della partita e l’Inter sarebbe stata stesa, neppure le fosse passato sopra un bulldozer. Ovvio i rigori si possono anche sbagliare... Milito insegna.
Non è stato rigore, però l’effetto non cambia. Inter sempre più giù, sempre più bianco pallido. Inter presa nel vortice dei suoi mal di pancia. La solita macedonia di mugugni, baci, abbracci, battibecchi fra Oriali e Branca, e illusioni perdute. Forlan che si rifiuta di entrare e Ranieri che la medica con un bel giro di parole: «Mi ha detto che non se la sentiva di giocare nel ruolo che gli ho proposto». In pillole: Forlan non vuol più rischiare brutte figure e pretende di giocare da attaccante puro, non sulla fascia.
Ma questa è l’Inter, non più quella del Triplete. È tornata ai vecchi tempi, all’amato fa e disfa di Penelope. In campo corre, sbuffa, agonizza, imbrocca le partite. Prima le gestiva. Ieri ha cercato di mettere in soggezione l’Atalanta. Hanno corso tutti, qualcuno a un ritmo da prepensionamento, hanno sbagliato troppo (nei passaggi), hanno tirato poco e male. Oltre al rigore di Milito, da segnalare una conclusione di Pazzini (parata), un colpo di testa di Samuel, un tiro da fuori area di Poli. Tutto qui? Appunto. Inter che ha chiesto aiuto alle forze giovani.
E, in effetti, Obi, Poli, Nagatomo, poi Faraoni e Castaignos hanno corso tanto, ma siamo ai preliminari di una goduria. Non alla goduria. L’Atalanta ha visto e si è adeguata: ha tirato quasi mai (gli mancava anche Denis), ha sbagliato i passaggi, ma poi ha scoperto in Gabbiadini l’attaccante che poteva mettere in ginocchio gli avversari. Ci voleva poco e Colantuono ci è arrivato tardi. Inter con poca qualità, ma si sapeva.
Sneijder ha cinguettato il saluto su Twitter. «Buona fortuna per oggi, ragazzi. Forza!». Sicuri che, oltre a sbagliare le partite, l’olandese e i suoi cinguettii siano così beneauguranti? A tutto c’è un limite. A proposito: domenica è Juve.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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