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No al Derby d'Italia in chiaro. Ecco perché

La legge Melandri vieta l'idea Sky. Una voce: match senza pubblico per tutti?

No al Derby d'Italia in chiaro. Ecco perché

Su Juventus-Inter di domenica 1 marzo sono da riferire subito due notizie: non sono entrambe positive. Cominciamo dalla prima. Sky ha lanciato alla Lega di A l'idea di trasmettere la sfida clou della domenica calcistica, destinata a porte chiuse, in diretta sul canale del gruppo e in chiaro. «Anche la nostra azienda è disponibile a un sacrificio» la spiegazione generosa di Marzio Perrelli probabilmente impreparato in materia di diritti tv. La Rai e fonti vicine a Mediaset hanno espresso identica disponibilità per trasmettere le altre partite del campionato previste senza pubblico aprendo così ufficialmente un caso legale di complicata soluzione. Già perché in forza della legge Melandri, la pay-tv è proprietaria dei diritti criptati e non di quelli in chiaro. La Lega-calcio, pertanto, cui Sky ha indirizzato la sua iniziativa, non può assolutamente intervenire e ha rispedito al mittente la proposta. Di qui le conseguenze pratiche: per modificare l'attuale quadro normativo c'è bisogno di un intervento straordinario del governo. La palla quindi può eventualmente tornare a palazzo Chigi, unico attore abilitato a un intervento legislativo per consentire la diretta in chiaro da estendere anche alle altre partite coinvolgendo Mediaset e Rai, naturalmente.

La seconda notizia è destinata a coloro i quali avevano già acquistato i biglietti della super-sfida di domenica sera è la seguente: la Juventus non ha previsto alcun rimborso. Al contrario dell'Inter (per l'appuntamento di giovedì sera in Europa league) e del Milan che è stato il primo club ad annunciare lunedì sera la decisione di rimborsare gli spettatori che avevano già ritirato i tagliandi per la partita col Genoa di domenica a pranzo. Sul tema Codacons ha già lanciato la sua ennesima battaglia a favore dei consumatori e il ministro Spadafora, interpellato, si è tirato da parte sostenendo la tesi «noi non abbiamo imposto niente, decidono le leghe». Rumors parlano anche di estendere le porte chiuse a tutte le gare. Più incoraggianti le parole spese dallo stesso ministro sull'immediato futuro. «Se i dati non ci daranno indicazioni diverse, può anche darsi che dal 2 marzo non prolungheremo lo stop agli eventi sportivi nelle regioni coinvolte dal decreto» è stato l'annuncio teso probabilmente a combattere il clima di grave crisi e incertezza che ha colpito il calcio in particolare e lo sport italiano in generale.

Per questo identico motivo, è intervenuto anche Michele Uva, vice-presidente dell'Uefa interpellato sullo svolgimento degli europei itineranti di calcio che avranno a Roma, con Italia-Turchia, la partita inaugurale il 12 giugno prossimo. «Questa è la fase dell'attesa e dello studio: stiamo monitorando paese per paese» l'espressione utilizzata dal dirigente per evitare probabilmente fenomeni tipo quelli accaduti a Lione alla viglia dell'appuntamento di Champions league con la Juventus.

Un paio di sindaci dei comuni interessati dallo stadio Groupama hanno chiesto di impedire l'arrivo dei tremila tifosi bianconeri provenienti dall'Italia nonostante il parere contrario del ministro francese della sanità Oliver Vèran.

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