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"Noi al cambio generazionale assediati da stranieri mostruosi"

Il campione italiano ed europeo alla vigilia della Sanremo: "Dico Van der Poel, Van Aert e Alaphilippe. E se Nibali e io..."

"Noi al cambio generazionale assediati da stranieri mostruosi"

Sanremo. Ha le stelle d'Europa sul petto e i bordini tricolori sulle braccia, anche se Giacomo Nizzolo, campione continentale e tricolore in carica, l'Italia del pedale ce l'ha tutta sulle proprie spalle. Non c'è da farsi illusioni, il movimento italiano sta vivendo un delicato momento di cambio generazionale: il resto del mondo corre, noi ci muoviamo, lentamente. Il 32enne milanese della Qhubeka Assos, formazione sudafricana, riparte dal 5° posto dell'anno scorso, ma è chiaro che i favoriti alla Sanremo numero 112 sono altri. A noi spetta il ruolo di guastatori e creatori di situazioni. E una volta di più dobbiamo fare gli italiani, affidandoci alla proverbiale creatività e al fattore sorpresa.

Ci siamo, oggi sesto assalto alla Classicissima: come si sente?

«Bene, ma non benissimo. Un anno fa, in quella Sanremo stravolta dalla pandemia e corsa in gran parte nell'entroterra piemontese e non in Liguria (molti sindaci vietarono il transito della corsa, ndr) e per giunta l'8 agosto, stavo molto meglio. Eppure sapete come è andata a finire. Vittoria di quel prodigio di nome Wout Van Aert, il belga volante, davanti al galletto Julian Alaphilippe e all'australiano Michael Matthews. Per me un più che onorevole quinto posto che, francamente, vorrei migliorare».

Anche con una condizione non ottimale?

«Anche. È vero, l'inverno non è stato come volevo, anche perché ho avuto qualche problema un mese fa (brutta botta al ginocchio, ndr). Nonostante questo mi sento in miglioramento, quindi resto fiducioso. Sento il peso delle due maglie che indosso (campione d'Italia e d'Europa, ndr); sento il peso della storia di questa corsa che fin da bimbo amo come nessun'altra corsa al mondo».

I favoriti, quei tre là?

«Sulla carta i tre tenori partono chiaramente avanti a tutti. Van Aert e Alaphilippe sanno anche come si fa a vincere, perché l'hanno vinta. Mathieu Van der Poel ci proverà. Ha una forza straripante, ma forse su distanze così lunghe (300 km, ndr), qualcosa anche lui può perdere: io lo spero... Guai però a sottovalutate gente come Matthews o Laporte».

E Sagan?

«Ha avuto il Covid, ha perso giorni preziosi di allenamento ed è un po' indietro di condizione, ma con la classe che si ritrova non si può certo dare per spacciato uno che ha vinto tre mondiali consecutivi in carriera, anche se la Sanremo gli manca».

Per noi italiani non c'è speranza: perché?

«Perché il nostro cambio generazionale sta coincidendo con una nidiata di corridori pazzeschi. Aggiungiamoci poi che il ciclismo è sempre più globale e la concorrenza ormai è spietata. Guardate la Slovenia, nelle corse a tappe ha i due più forti al mondo: Pogacar e Roglic. Noi siamo ancora lì aggrappati a Nibali, che di anni non ne ha 22 come Pogacar, Bernal, Almeida o Evenepoel che di anni ne ha 21, ma 36».

A proposito di Nibali: che Sanremo sarà per lo Squalo?

«Ha classe, coraggio e fantasia: vi ricordate cosa ha saputo fare nel 2018? Un colpo pazzesco, di altissima scuola. E pensare che non è una corsa propriamente adatta a lui, eppure in carriera ha fatto un primo e un terzo posto. Se ci sarà freddo e vento contrario, può davvero succedere di tutto, e se la corsa verrà durissima, uno come Vincenzo non può essere escluso a priori. Occhio anche a Vendrame».

Che corsa si immagina?

«Se i tre tenori si mettono a cantare subito, non ce n'è per nessuno.

Io dovrò solo essere bravo a stare lì con i migliori il più possibile e se arrivo in via Roma nel gruppetto di testa».

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