Non cerchiamo un ct mago ma azzurri veri

Anche a Wembley i famosi tre indizi hanno prodotto una prova regina: Immobile non è ancora pronto per guidare l’attacco della Nazionale nelle competizioni che contano. E non valgono i suoi recenti stenti (1 gol nelle ultime 10), semmai l’inadeguatezza è documentata dalle tre occasioni maturate nei primi promettenti spunti di calcio azzurro realizzato a Londra. Passi per le prime due sbavate, con la sentinella inglese pronto a contrastarlo, ma la terza e più clamorosa alzata di testa, senza alcuna opposizione, sulla traversa, è la sentenza tecnica per il bomber della Lazio (34 reti in stagione).

Non è andata meglio al sodale Insigne, rimasto chiuso nel bozzolo di un ruolo inutile, oppure ai centrocampisti tra i quali Jorginho è forse il deficit più sorprendente poichè i limiti di Parolo e dell’acerbo Pellegrini non sono poi una notizia. Non esiste una spiegazione per ciascuno degli azzurri citati prima e utilizzati da Di Biagio nella sfida diWembley. Si può solo provare a indovinare: poca personalità per l’attaccante che dalle nostre parti è una macchina da gol, mancanza di copione tattico adeguato per i due napoletani di Sarri prestati al club Italia, ridotta cifra tecnica e fisica per Parolo, responsabile sul gol di Vardy. Se De Sciglio è tra i migliori si capisce il senso: le prove, ripetute, col Milan e con la Juve, in Champions league ne hanno moltiplicato lo spessore.

L’errore marchiano commesso da tutti noi - giornali, tifosi e dirigenti - è di pensare che sia la scelta di un ct-mago il compito più arduo. Non è assolutamente così.

Invece di concentrarci sulla disponibilità di Ancelotti, Mancini o Conte (l’unico che con una Nazionale così così è riuscito a recitare un degnissimo europeo in Francia), bisognerebbe invocare la crescita di qualche talento. Federico Chiesa è un prospetto garantito ma anche lui fino a ieri quale università calcistica ha frequentato, quale master ha conquistato?