Facciamo un giochino. Prendiamo il prossimo trio di centrocampo della Nazionale di Mancini, giovanissima, al debutto nel girone di qualificazione europea stasera a Udine contro la Finlandia che non è il Brasile d'accordo ma non dimentichiamo da dove arriviamo (eliminati dal mondiale dalla Svezia con zero gol in 180 minuti). Verratti, Jorginho e Barella più Pellegrini, Tonali e Zaniolo rappresentano un sestetto di tutto rispetto, tutti reduci da prove di affidabilità e talento geometrico. Prendiamo la rosa dei portieri: Donnarumma, Meret e Sirugu: due giovanissimi più l'esperto che può fare da suggeritore. Ancelotti giura sull'abilità di Meret: peccato abbia già vissuto tanto tempo a riparare muscoli e ossa perché altrimenti riscuoterebbe maggiore gradimento persino rispetto a Gigio.
Persino in difesa lo scenario è meno gratificante perché è vero che Chiellini è giunto agli ultimi giri di pista, insieme con Bonucci, ma è altrettanto vero che i progressi di Romagnoli, il post infortunio di Spinazzola e la maturità di Florenzi possono promettere una transizione senza traumi. Allora siamo una squadra fortissimi? Assolutamente no. Perché all'appello manca un ruolo decisivo: un centravanti doc. Le sue muse sono già state battezzate: Chiesa (assente per infortunio) e Bernardeschi. Mancini ha lasciato a casa Balotelli nella speranza che metta finalmente giudizio, ha richiamato Quagliarella.
Non si fida di Belotti e forse ha qualche buon motivo, meglio puntare sulla velocità di Kean. Se non spunta, a sorpresa, un Pablito Rossi, dobbiamo pregare che Balotelli cambi testa. E allora bisognerà andare a San Giovanni Rotondo.
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