Massimo Moratti si arrende. Lascia San Siro dieci minuti prima della fine di Inter-Atalanta. Non è più un calcio per lui: la tv l’ha inquadrato da poco facendo vedere a tutta Italia un volto infelice e deluso come mai. È il riassunto di che cos’è l’Inter adesso: depressa, mesta, marginale. Quando la telecamera allarga la ripresa, Moratti ha accanto a sé solo la sorella.
Una fila più su c’è Tronchetti Provera. Poi il vuoto: sembra l’immagine dell’imperatore abbandonato nel momento della difficoltà. Triste, solitario y final, potrebbe dire lui stesso che ama il Sudamerica e i suoi scrittori. Ecco perché va via.
Per lasciare il vuoto ancora più vuoto. Guarda il secondo tempo in tv, negli spogliatoi, poi abbandona lo stadio all’ottantesimo. Ma qui non è come col Bologna quando è fuggito dopo lo 0-3. Qui siamo ancora sullo 0-0: può accadere quello che poi non accadrà. Lui non può saperlo, ma forse l’ha capito prima di chiunque altro. Va via perché non ce la fa: quando hai rincorso la vittoria per tanti anni, l’hai presa, l’hai avuta, l’hai raddoppiata, l’hai triplicata, non puoi accettare una stagione come questa dell’Inter. In quattro giorni fuori dalla Champions e zero a zero con l’Atalanta in casa, con un rigore sbagliato. Schiaffi che non puoi prendere così, gratis. Non è come prima del triplete: allora non aveva ancora provato l’emozione del successo. Lo sognavi, ci credevi.
Ora che sa che cosa significa vincere, Moratti non vuole tornare nel cono d’ombra. Ha persino sentito i fischi, quest’anno. Ha provato l’irriconoscenza del pallone. Ha visto crollare tutte le certezze pallonare che aveva: l’eternità di Zanetti, la solidità di Cambiasso, la forza di Maicon, la sicurezza di Samuel, la prolificità dei gol di Milito. Sai che gliene frega adesso che ci sono molti altri come lui: Della Valle contestato a Firenze, gli americani già pentiti di essersi presi la Roma, Zamparini in crisi a Palermo.
Non è un Paese per lui e non lo è per i presidenti. Il che non ha nulla di consolatorio, per Moratti. È stato lo sceicco bianco del calcio europeo per tanto tempo: ha speso per provare a vincere e però perdeva, poi ha continuato a spendere per vincere e ha vinto. Basta. Non si può essere come mister Paris Saint-Germain e mister Manchester City. Non è più tempo per noi. Né per l'Italia né per l'Inter. Moratti arretra: per dieci anni è rimasto convinto che l'amore, la storia, il passato e il presente di una famiglia hanno fatto grande una squadra, debbano essere abbastanza per avere applausi e gloria, per sentirsi dire grazie.
Quello era l'uomo romantico che in una sera aprì la cassaforte di famiglia per riprendersi quello che era suo. Questo scuote la testa, poi si alza dal seggiolino comodo e se ne va.
In tribuna d’onore,a San Siro, resta la sorella Bedy, con una smorfia molto simile a quella del fratello di qualche istante prima. Al fischio finale, Massimo è in auto. Oggi tutti lo cercheranno per strappargli una battuta. Serve? Ha già parlato in silenzio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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