Non è più il tempo dei sorrisi

Allegri alza la voce: "Subiamo e siamo presuntuosi. Ragazzotti crescete in fretta perché d'un colpo si diventa vecchi"

Non è più il tempo dei sorrisi

Milanello - C'è voluto l'uno-due di Verona per rivoltare Milanello, e i suoi residenti, come un calzino. Max Allegri, capello corto, parola sciolta e sguardo minaccioso, ha deciso di mettere fine al buonismo di facciata e di passare quasi alle via di fatto con i suoi «ragazzotti». Non è il tipo da lanciare bottiglie piene durante l'intervallo (stile Antonio Conte, dixit Pirlo) o attaccare al muro qualcuno (stile Fabio Capello ai tempi di Gullit, ndr) ma questa volta ha impugnato il forcone e inseguito più di uno. Metaforicamente parlando. «Io son fatto alla mia maniera, serve la calma per risultare lucidi in partita» è la sua tesi rassicurante ma si capisce al volo che Allegri ha usato lo scudiscio rispetto ad altre vigilie scandite da frasi fatte e sorrisi ammiccanti. L'obiettivo è categorico: superare il turno, possibilmente con un successo. «E per farlo non dobbiamo subire gol. Per riuscire dobbiamo difendere meglio, negli ultimi tempi abbiamo subito troppo» il primo dei rilievi presentati al gruppo, rappresentato in conferenza dal capitano, Riccardo Montolivo. Tra Eindhoven e Verona si è rivista la banda del buco, altro che. Secondo avvertimento: «Col Psv ci sarà da soffrire e da lottare, non basterà il fioretto».

Insomma prepararsi a una notte di cuore e batticuore. Poi ha rovesciato sul gruppo un secchio di olio bollente. «Non bisogna giocare con presunzione che è poi sinonimo di ignoranza», ha sentenziato. Seguito dal secondo messaggio, con un indirizzo più preciso: «È vero che abbiamo molti giovani ma devono crescere in fretta perché d'un colpo si diventa vecchi». Riferimento forse alla testolina calda di Mario Balotelli sempre nell'occhio del famoso ciclone per le sue proteste esagerate con gli arbitri (e si ritrova stasera alle prese con un fischetto inglese, Mark Clattenburg che ha un precedente odioso di razzismo in Premier). La sintesi brutale è la seguente: «Bisogna correre e pedalare, e tutti i giorni lavorare, serve anche un pizzico di cattiveria». Fosse facile! Il Psv ha una difesa tenera come un grissino ma davanti può fare danni e ha una gran voglia di scoprire la lentezza del rivale. Illudersi, come ha fatto il Milan nell'intervallo di Verona, d'aver già vinto dopo un tempo, finito tra l'altro 1 a 1, è un peccato da scontare nei prossimi mesi. «Non basterà una sola partita per dimenticare» l'ammonimento del livornese.

A fine agosto, il Milan è già davanti a un bivio crudele. Imboccare la strada, gloriosa e frequentatissima in passato (10 partecipazioni in 11 anni) della Champions vuol dire affrancarsi dall'incubo e liberare risorse finanziarie per il mercato (Matri, Kucka e magari Astori con Zaccardo al Bologna). «Inutile raccontare storielle: se finissimo in Europe league, la squadra resterebbe questa» lo scenario malinconico allestito da Allegri che conosce a memoria anche i numeri del bilancio societario. Perciò non c'è bisogno di una rivoluzione, nel sistema di gioco o nelle scelte, per identificare il Milan di stasera che può rivedere in azione un centrocampo più dignitoso con De Jong e Muntari, oltre a Montolivo, puntare sul ritorno di Boateng nel tridente d'attacco (con Robinho in panchina) e affidare a De Sciglio il compito di sorvegliare il fianco destro maltrattato in Olanda.

Capita la lezione? A parole, sembrerebbe di sì. «Non siamo mica scemi» è l'espressione colorita di Montolivo nell'occasione portavoce di tutto lo spogliatoio milanista consapevole dei rischi e delle responsabilità. «Vedrete, saremo all'altezza del compito» è la promessa quasi solenne del capitano che su Verona ha un preciso giudizio, «siamo stati troppo brutti per essere veri» e qui non ha salvato nessuno, neanche se stesso come è giusto che sia.

Appuntamento a San Siro, allora, con un prato rizollato dopo un concerto estivo e già ridotto a mal partito dagli allenamenti interisti: 50 mila la proiezione del club, Milano si sta ripopolando. Sarebbe triste, oltre che rovinoso per il marchio e per Allegri, uscire subito dalla Champions. Perciò in questo caso vale ancora di più la famosa battuta di Nereo Rocco: «Che vinca il migliore? Sperem de no!».

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