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"Non sono un vincente, siamo brocchi e la peggiore Italia di sempre, però..."

Vincitore del Fiandre '19, domenica sarà capitano azzurro al Mondiale su strada australiano: "Nello sport non esistono imprese impossibili"

"Non sono un vincente, siamo brocchi e la peggiore Italia di sempre, però..."

Un Giro delle Fiandre, una tappa all'Etoile de Besseges e una al Giro: punto. Tre vittorie di peso, in particolare una, la Ronde, per il resto tanti buoni piazzamenti, una serie di intoppi fisici che ne hanno rallentato e condizionato la crescita e ora i galloni di capitano della nazionale azzurra. Alberto Bettiol, 29 anni da compiere a fine ottobre, è pronto. Sa che non sarà facile, ma è anche consapevole del fatto che se azzecca la giornata giusta tutto è possibile, come quando andò a trionfare in una delle classiche monumento più ambite del ciclismo.

Sarà la punta della prima Italia di Daniele Bennati, lei che ha vinto in carriera solo tre corse: segno dei tempi?

«Cosa le posso dire? Sì. A forza di dire che siamo dei brocchi forse ci siamo imbrocchiti per davvero, però noi faremo di tutto per dimostrare il contrario. È vero, non sono un vincente, ma se trovo la giornata giusta so come si fa. Chiaro, deve girare tutto per il verso giusto, ma ci sono anche Matteo (Trentin, ndr) e Andrea (Bagioli, ndr): due che possono dire come me la loro».

Dovrà fare i conti con gente del calibro di Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel, Tadej Pogacar e Remco Evenepoel: tanto per fare qualche nome.

«Un anno fa, in Belgio, Wout Van Aert era dato per favorito assoluto: ha perso. Le corse vanno disputate, poi se ne riparla».

Lei come si sente?

«Non vedo l'ora che si corra. Il mondiale per me è da sempre una corsa speciale e non voglio lasciare nulla di intentato».

Da quando ci pensa?

«Da più di un anno, da quando ho dovuto rinunciare per problemi fisici al mondiale di Lovanio. Pensi che ho una chat su WhatsApp con Leonardo Piepoli, il mio preparatore e con Gabriele Balducci, un amico e secondo fratello che mi segue negli allenamenti. Quel gruppo si chiamava Leoven2021, con la bandierina dell'Italia che era un po' il nostro obiettivo stagionale. Quando a metà agosto 2021 sono stato costretto a rinunciare per una colite ulcerosa, il nome della chat è stato subito cambiato in Wollongog2022. È più di un anno che ci penso».

Se dovessimo dare un titolo al mondiale: missione impossibile o il grande sogno?

«Di cose impossibili nello sport non ce ne sono, altrimenti non si farebbero le gare. Ogni corsa è una nuova storia, anche se è chiaro che c'è chi è più favorito di altri. Ma chi non ci crede ha già perso. È vero, la nostra squadra manca di un corridore di riferimento, ma siamo un buonissimo gruppo (con il toscano ci saranno Bagioli e Trentin, Affini e Ballerini, Battistella e Conci e Rota, ndr) e sono certo che sapremo dare spettacolo. Lo so, qualcuno ha scritto che siamo la nazionale peggiore della storia; va bene, voi guardateci in tivù e noi cercheremo di divertirvi e stupirvi».

Cosa risponde a chi le fa notare che in carriera ha vinto solo tre corse?

«Che ha ragione. E domenica spero di vincere la quarta».

Una gara veloce ma non per velocisti, un mondiale lungo 267 km con quasi 4mila metri di dislivello: un percorso per chi?

«Per me il grande favorito è Mathieu Van der Poel: è lui l'uomo da battere. Sa prepararsi molto bene, l'ha dimostrato in più di un'occasione e difficilmente sbaglia. Sarà in ogni caso un mondiale aperto. Percorso duro con tanto recupero. Ci sarà da soffrire e noi siamo pronti a rendere la vita dura a tutti, perché non abbiamo nulla da perdere, anche perché per molti abbiamo già perso.

Siamo o non siamo la squadra peggiore della storia?».

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