Conte non sfrutta il favore del Lecce e fallisce l'operazione sorpasso. Brutta Inter, diciamolo subito. Il pareggio del Parma è sacrosanto e anzi resta l'ombra del definitivo 2-2 segnato da Lukaku e convalidato dal Var dopo 4 lunghissimi minuti: c'era sì un'unghia di Jacoponi a tenere in gioco Candreva sul filtrante di Brozovic, ma c'era anche - a inizio azione - una ginocchiata di Bastoni a Karamoh, invece non rilevata dall'arbitro davanti al video.
Per la seconda volta in 4 giorni, l'Inter va in vantaggio per un non fuorigioco millimetrico, ma a differenza di quanto accaduto con il Dortmund, stavolta subisce subito il pareggio e poco oltre addirittura il sorpasso. D'Aversa è molto bravo: gioca senza centravanti, ma il tridente inedito Karamoh-Kulusevki-Gervinho, leggero, veloce, mai fisso, manda spesso in affanno la difesa nerazzurra. Fedele al modulo scelto (che finora gli ha reso un percorso di vertice), Conte non cambia la difesa e perde tre uomini bloccati (un po' meno Skriniar), di fatto per non marcare nessuno.
Alla fine, Conte presenta il conto e chiede rinforzi: «Sono sincero, non sono tranquillo né sereno: giocano sempre gli stessi, dobbiamo fare delle valutazioni con la società». Boom: Conte guarda al futuro e si spaventa. Chi lo conosce (tutti) non è certo sorpreso da una simile uscita al primo pareggio del campionato (dopo 7 vittorie in 8 partite).
La verità è che con 4 giocatori infortunati e De Vrij risparmiato per non rischiare che diventi il quinto, la coperta nerazzurra è tremendamente corta. Costretto a fare giocare praticamente gli stessi per 3 volte in 6 giorni, Conte scopre che le energie di molti sono in esaurimento. E così, Martinez, dopo aver giocato benissimo con Sassuolo e Dortmund, infila un'ora abbondante di nulla. Per non dire di Brozovic, che non appena l'Inter è passata in vantaggio, commette 2 errori incredibili in una manciata di minuti e libera il sorpasso del Parma. Lukaku gioca la solita partita: sarà bene abituarcisi, con quei piedi può fare poco di più. Ma ha forza fisica e senso del gol (gli almanacchi non mentono mai): se non alla prima, segna alla seconda occasione. E a Conte può bastare così. Tant'è che non ha nemmeno ipotizzato di lasciarlo fuori prima e di toglierlo poi, per inserire vitamina Esposito, entrato a un quarto d'ora dalla fine al posto del Toro affaticato. Il ragazzo c'è, ormai è chiaro. Sua, nel recupero, l'unica vera occasione dell'Inter dopo il pareggio: un destro al volo in diagonale che magari sporcato poteva finire in porta.
È proprio sul 2-2 che si vede l'Inter peggiore (Conte dice il contrario, ma lo fa per copione) quando invece sarebbe stato lecito vedersi la squadra migliore, affamata dal possibile primato in classifica.
Non commette gli errori del primo tempo, ma non dà mai veramente la sensazione di poter vincere. Alla fine, fatti i conti, resta l'amarezza dell'occasione fallita, ma per Conte anche la consapevolezza che poteva andare peggio: nel calcio ante Var, questa sarebbe stata una sconfitta.
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