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Oltre confine siamo la sagra dello svarione

Oltre confine siamo la sagra dello svarione

Visto come sono finite la prima e la seconda della serie A, ma anche la terza, la quarta e la quinta, c'è da pensare che siam più credibili noi, che non gli inglesi, quando si parla di Brexit. L'Italia del calcio ha ostinatamente perseguito l'obbiettivo di uscire velocemente e ingloriosamente dall'Europa e solo ora scorrono brividi di freddo, e freddure, lungo la schiena. Vedere la Juventus distruggere il campionato a suon di punti eppoi ritrovarla demolita a suon di partite perse (4 sono tante) in Europa, schiaffeggia l'amor proprio calcistico: se finisce così la Signora, figuratevi cosa sono le altre. Forse non ce ne accorgiamo, pur occhieggiando altri campionati, e restiamo abbacinati dal tifo, dagli alibi, dalla faziosità, da superficialità che si specchia nella presunzione.

Sarà un caso se i giocatori stranieri garantiscono il meglio al primo anno, eppoi si spengono lentamente, affievoliscono lo spirito guerriero, l'indole alla corsa, la proprietà tecnica? Pochi sono migliorati, molti peggiorati. Per non parlare degli italiani: esaltati per 4 gol di fila, per due parate decenti o per cinque scatti più decisivi rispetto al basso regime degli altri. Le ultime partite europee di Juve e Napoli hanno dimostrato la qualità superiore degli avversari quando si tratta di usare tecnica: si tratti di un passaggio o un tiro in porta. L'Ajax ha sbagliato poco, quasi niente; la Juve regalava palloni ai piedi altrui. Il Napoli avrà mirato trenta volte la porta dell'Arsenal, sempre sbarellando malamente. Le partite di serie A sono la sagra dello svarione. Le nostre squadre ci hanno illuso fino a dicembre. La Juve ha mostrato con Valencia e Manchester United la vera essenza di squadra che gioca, poi si è liquefatta. Napoli e Inter hanno sfiorato la qualificazione e si sono perse in un attimo. La Roma si è arresa a se stessa prima che agli avversari. Sembra quasi che alle nostre squadre manchi la forza mentale, quasi i tecnici allenino poco la tecnica e troppo la tattica: eppure sono queste le qualità basilari per mettere in inferiorità gli avversari. Cristiano Ronaldo ci ha ricordato cosa significa affinare la tecnica: pareva uno dei pochi giocatori di calcio schierati dai club italiani. Gli altri: puffi, nanerottoli, incompiute o lavoratori anonimi. Si diceva, una volta (forse ancora oggi), che a Milano si corre, a Roma si vive. L'Italia del pallone è rimasta a Roma.

Ma un buon vivere non basta per vincere.

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