Silvio Berlusconi ha deciso di sedersi intorno al tavolo e di andare a vedere le carte di mister b. Già, proprio lui, il chiacchierato Bee Thaechaubol, provenienza Thailandia, ufficialmente accreditato non certo di un patrimonio tale da poter corteggiare e acquistare il gioiello Milan, valutato dal suo azionista 1 miliardo secco. E anzi, in quei giorni di metà febbraio, presentato dagli ambienti vicinissimi al club rossonero come un broker di modesto spessore finanziario e perciò non in grado di gestire direttamente l'onerosa trattativa. La prima fonte giornalistica a passare l'informazione dell'interesse per il Milan di mister b fu Sky sport, con il collega Alciato: la conoscenza e l'amicizia con Fabio Cannavaro, furono le prime tessere del puzzle. Questa volta non si tratta di rumors ma di un fatto: e cioè di una cena ad Arcore, avvenuta giovedì scorso, tra il presidente Silvio Berlusconi e l'uomo d'affari asiatico durante la quale è stato "abbozzato" un piano per la cessione del 25-30% delle azioni rossonere (valutato tra i 230 e i 250 milioni) al thailandese che ne coprirebbe personalmente una parte (100 milioni), e per la differenza farebbe ricorso a una cordata di investitori della sua area geografica. Soluzione credibile perché da sempre Berlusconi padre e figlia hanno aperto a questa ipotesi, cessione del 30% azionario, sbarrando il passo a quella del pacchetto di maggioranza.
Il piano, qualora si trasformasse in contratto vero e proprio, prevederebbe tra l'altro e inevitabilmente perché il controllo resterebbe sempre in capo a Fininvest, la conferma nei rispettivi incarichi dell'attuale management rossonero, cioè Barbara Berlusconi e Adriano Galliani, con il presidente Silvio Berlusconi direttamente coinvolto nel rilancio tecnico-sportivo della squadra, in programma da giugno prossimo. Fin qui il fatto, lanciato da Repubblica che, come nel gioco dell'oca, è dovuta tornare alla stazione di partenza dopo aver garantito nelle settimane precedenti sulla cessione già conclusa dell'intero pacchetto e dell'imminenza della firma. La notizia ha preso in contropiede innanzitutto Fininvest, interlocutore istituzionale: l'holding del pianeta berlusconiano si era spesa, come mai accaduto in precedenza, con una "doppietta" di secche smentite pubblicate in sequenza il 14 e il 16 febbraio. Ieri, per uscire dall'angolo dell'imbarazzo, ha firmato una nota in cui è scritto testualmente che «non intendiamo commentare ulteriori rumors». Al termine dell'incontro non è stato firmato alcun documento anche perché per prassi un eventuale «memorandum of understanding» non può precedere la diligence sul bilancio (in aprile ci sarà l'assemblea dei soci e la previsione più attendibile parla di un disavanzo di 50 milioni che saranno coperti dall'assegno dell'azionista).
La conclusione, al momento, è la seguente: il presidente del Milan, prima di sbattere la porta in faccia, a un eventuale acquirente di quote di minoranza, ha voluto conoscerlo, e
«vedere», come al tavolo da poker. Se l'operazione si concludesse, per il Milan, si potrebbe riaprire uno scenario esaltante, con una forte somma da investire prontamente sul mercato e riportare subito la squadra in Champions.
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