Aggiungiamo un pallone a scopa, corno e campanacci e avremo l'ultimo Pulcinella del Duemila. Come fosse un dipinto del Tiepolo o un disegno di Leone Ghezzi, che di Pulcinella se ne intendeva. Pazienza se questo è anche un moderno goleador, viene dalla Nigeria, ha un nome che garantisce Victor, un cognome facile Osimhen, ma c'è quel Osi iniziale che vale una promessa, e con la maschera nera che tiene al viso, come un portafortuna, ha ricordato a tutti che Pulcinella è l'eroe irriverente che affronta e sconfigge gli avversari. Aggiungiamo un link alla foto di Khvicha, il flash di un gol contro l'Atalanta che ha fatto strabiliare l'occhio tifoso e quello di docenti della materia. Diciamo Van Basten per tutti. Aggiungiamo la sintesi di Luciano Spalletti: «Un gol degno di Maradona». E forse, non a caso, il cuore di Napoli c'era arrivato da tempo: lo chiameremo Kvaradona.
Sì, è vero, Pulcinella e Maradona sono risorti nelle vesti di due ragazzi di mondi a loro lontani, che hanno attraversato la povertà e le guerre, sbucati quasi dal nulla, e si sono ritrovati in una città che rappresenta i moti del cuore e mai ha abbandonato l'amore per i suoi personaggi: fossero una invenzione popolare o un fuoriclasse del pallone. Maradona celebrò il primo scudetto, Osimhen e Khvicha Kvaratskelia hanno fatto coppia per riportare Napoli ai tempi di Diego. Si dirà: ci sono anche gli altri. Perché non Kim e Lobotka, Anguissa e Di Lorenzo, Politano e Lozano? Perché senza due funamboli del gol, artisti della giocata, ipnotizzatori delle difese altrui non sarebbe stato Napoli contro tutti. Ma Napoli io speriamo che me la cavo. Con buona pace di ADL, Spalletti e compagnia cantante. Da Napoli visionaria a Napoli milionaria non passa il gioco della fortuna, ma la buona vena e gli sfrontati 22 anni di Kvaradona, gli arrembanti 24 di Osimhen. C'è futuro per loro e Napoli dovrà difendere quel futuro dalle avanzate tedesche (Bayern), inglesi (Chelsea, Manchester), francesi (Psg).
Qualcosa si era intuito negli anni scorsi: tutt'altra storia con o senza Osimhen, che ha il punto debole negli infortuni e nei problemi di salute (prima di arrivare in Italia gli toccò pure la malaria). E quest'anno il novello Pulcinella ha confermato: ha prodotto reti e giocate, trovato vento per le sue ali. I gol hanno fatto la differenza anche rispetto agli altri campionati suoi: mai aveva superato le 20 segnature. Raccontano che il cognome, nel dialetto nativo di Ishan, significhi Dio è buono. Oramai a Napoli nessuno oserebbe pensare il contrario. Non è solo questione di gol: a La Spezia, il nostro salì fin sulla tribuna dei tifosi locali per scusarsi con una bambina, colpita da un pallone calciato durante il riscaldamento. E non sarà un caso che le canzoni preferite abbiano titoli indicativi: «Credo di poter volare». E «Seduto sul trono». Quest'anno starà sul trono dei cannonieri e del calcio italiano. Domani chissà. Ma Osimhen e Napoli forse non sarebbero riusciti a volare fra le nuvole della speranza senza le maledette serpentine del ragazzo che, magari, non interpreta tutta l'essenza di un Maradona, ma racconta l'indole del giocoliere. Kvara, dice Spalletti, è l'uomo che avvolge il pallone nello stretto per arrivare a calciare con rapidità. Il gol che ha fatto sobbalzare un intero mondo, quello segnato a Bergamo, ha lasciato passare tra caricamento e tiro solo 16 centesimi e sono stati 4 secondi di esaltante abilità: triplo dribbling, doppia sterzata e destro secco. Kvara è rimasto quel ragazzino di 11 anni, allora timido e silenzioso, che giocava nell'Avaza squadretta di Tblisi e, dopo 10 minuti, fece esclamare ad un talent scout della Dinamo: «Ma quello chi è?». Dribblava tutti a testa bassa, chiamava palla a gran voce, si arrabbiava, ciao timidezza, se qualcuno non gliela passava. Ora, invece, racconta Spalletti, «Ti guarda in faccia, ti punta e ti devasta». Kvara è diventato re degli assist e benemerito del gol. Osi e Kvara, in coppia, sono costati 80 milioni.
E hanno dato ragione ad un proverbio napoletano: «Dicette pulecenella: nu maccarone vale cchiù e' cente vermecielle». Diceva Pulcinella che un maccarone vale più di cento vermicelli. Invece due maccaroni valgono uno scudetto.
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