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Palladino, il predestinato che vuole tutti operai

Il tecnico rivelazione spiega il suo credo e svela: "Il segreto è chi non gioca"

Palladino, il predestinato che vuole tutti operai

Monza. C'è lo studente che si applica e quello che si affida solo all'intuito. E c'è poi Raffaele Palladino, che nel suo primo mese sui banchi della serie A ha dimostrato di saper fare sintesi delle qualità migliori. Lo dice il suo approccio al Monza, lo confermano i numeri: tre partite e tre vittorie all'esordio da allenatore in A, con una neopromossa. Nessuno, nell'era dei tre punti, ci era mai riuscito.

Merito di un Monza che dopo un avvio con un solo punto in 6 partite, ha fatto filotto di risultati e centrato il primo successo del club in A, contro la Juventus. Se è vero che tre indizi fanno una prova, significa che non è più il tempo di stupirsi dell'exploit del tecnico napoletano. In fondo, Berlusconi e Galliani nell'affidare a lui il loro Monza sapevano quel che stavano per fare. Quando venne presentato come successore di Stroppa, Galliani stesso parlò di «stimmate del predestinato» e del valore di una scommessa paragonabile a quella fatta quando il Milan scelse Sacchi. Fu Palladino, con intelligenza, a sottolineare di essere consapevole di quanto il Monza si fosse esposto, scegliendo lui.

L'ex Juve ha per primo cercato il «contatto fisico», come lui stesso lo definì, con i giocatori. Empatia e comprensione, poi un riadattamento al 3-4-2-1 del 3-5-2 di stroppiana memoria, con altrettanta predilezione del possesso palla ma anche con verticalizzazioni e velocità. E tanta, tanta intensità. «Gli allenamenti sono molto duri, vedo sempre i ragazzi sfiniti», ha svelato ieri, prima di partire per Empoli. Dove oggi, alle 15, «chiaramente abbiamo una grande occasione per la classifica, anche se di fronte avremo un avversario difficile da affrontare». Consapevolezza, ma anche necessità di restare umili. Palladino lo sa: «Solo con l'umiltà manteniamo intatta l'aggressività. Il segreto del Monza è in chi non gioca, perché lavorando bene in settimana, alza il livello di chi va in campo. Sì all'entusiasmo, no alla presunzione: a Empoli voglio una squadra operaia».

Concetti chiari, lezione di pragmatismo. Perché «sfatiamo un luogo comune: l'allenatore conta più del 20%», annotò Marcello Lippi.

E nella settimana che dopo la Toscana prevede l'infrasettimanale di Coppa Italia e poi il Milan, Palladino fa valere il suo peso snocciolando anche un'altra abilità, quella di schivare assist a facili slogan: «È il nostro esame di maturità? No, limitiamoci a pensare partita per partita».

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