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Il pallone bucato dai debiti ostaggio dei diritti televisivi

La Lega ha preso gli 840 milioni per sistemare i bilanci senza pensare alla qualità del prodotto. Club in silenzio

Il pallone bucato dai debiti ostaggio dei diritti televisivi

Il tormentone Dazn-Serie A si arricchisce di una nuova puntata. Dopo la querelle relativa ai problemi tecnici (ora superati in buona parte) nelle primissime giornate di campionato e successivamente alla questione dati di ascolto (con tanto di polemiche con la Lega di Serie A...) adesso tiene banco la decisione del broadcaster di annullare l'utilizzo su più dispositivi dello stesso abbonamento. Tradotto in soldoni: non si potrà più vedere in contemporanea la partita mentre si è a cena fuori con la fidanzata e nel frattempo a casa i parenti vedono la partita sul televisore tramite Tim Vision o semplicemente con un Chromecast che permette di visualizzare pure sul piccolo schermo ciò che trasmette il telefonino. Una scelta che fa discutere e che anche le società di Serie A stanno monitorando con attenzione. Ai club in realtà importa poco delle polemiche legate ai consumatori, perché ciò che contano sono gli 840 milioni di euro che Dazn garantirà alle formazioni della massima serie per il triennio 2021/24. Denari necessari quanto fondamentali per alimentare la giostra del calcio italiano, che ormai vive e si nutre a livello di introiti quasi esclusivamente di diritti televisivi. E da questo punto di vista gli inglesi hanno mantenuto tutti gli impegni, rispettando ogni tipo di pagamento dal loro ingresso in scena sul mercato tv. Anche durante la pandemia non hanno mai marcato visita. In Italia il mancato pagamento di una rata da parte dei rivali di Sky aveva scatenato una battaglia legale con la Lega di A. Ecco perché a oggi dalle parti di via Rosellini si segue con attenzione la vicenda, ma senza alcuna agitazione. Insomma, la maggioranza dei club resta al fianco di Dazn che aveva vinto la battaglia con l'emittente di Rogoredo per 16 voti a 4 qualche mese fa. La domanda che invece rimane irrisolta, ma la cui risposta appare ben chiara, sta nei motivi che hanno portato al dietrofront sul concurrency, ovvero il mancato boom di abbonamenti. Dazn sperava e puntava di raggiungere la soglia dei 4 milioni di account e invece al momento vanta appena 1,9 milioni di clienti. Meno della metà dell'obiettivo prefissato. Ecco perché il cambio di strategia si è reso necessario, onde evitare un bagno di sangue che non fa comodo a nessuno. A partire dagli stessi club che mungono costantemente la mucca dei diritti tv e dopo aver spolpato Sky per anni (a Rogoredo è iniziato il ridimensionamento con il fuggi fuggi di tanti volti di punta...) adesso vogliono sfruttare al massimo le risorse di Dazn. E il doppio dispositivo da utilizzare con un unico abbonamento è poco redditizio. Si spiega così l'addio ai due device nella speranza di fare il pieno di abbonamenti, provando a salire intorno ai 3 milioni nel giro di un anno. Missione possibile? Più no che si secondo le stime di mercato. L'importante per le 20 compagini della massima serie è che le rate degli 840 milioni pattuiti vengano saldate regolarmente. Soldi che basteranno per continuare ad arricchire i portafogli dei presidenti, che dai proventi derivanti dai diritti tv coprono i (tanti) debiti e i numerosi errori gestionali amplificati dalla pandemia (800 milioni persi dai club di A).

Piaccia o non piaccia ai tifosi, la musica non appare destinata a cambiare.

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