RomaDal paradiso all'inferno senza preavviso. La bella macchina di Garcia, ammirata in campionato, è finita nella scarpata della Champions. Ma a differenza di quanto avvenne dopo la batosta di sette anni fa a Manchester, niente quintali di carote scaricati davanti al centro sportivo di Trigoria in segno di contestazione verso la figuraccia rimediata dalla truppa di Spalletti, ma grande sostegno alla squadra. Se già Luis Enrique, autore di una stagione mediocre, aveva potuto contare su un credito elevato da parte della tifoseria giallorossa, figuriamoci ora il condottiero francese, che ha portato risultati, gioco e sogni nei suoi 14 mesi di esperienza romanista.
Ecco perché vedere martedì sera il cuore del tifo chiamare i giocatori sotto la curva dopo la disfatta per applaudirli comunque, al grido di «vinceremo il tricolor», dimostra la maturità raggiunta in una città sempre soggetta a sbalzi di umore in base ai risultati. «Sono orgoglioso di essere presidente della Roma - così James Pallotta dagli Usa - il video dei nostri tifosi alla fine della partita mi ha fatto piangere. Un giorno non cambia nulla, sono incidenti di percorso nella strada che porta alla gloria. Nell'arco della mia vita, guardando i Boston Celtics, ho già vissuto molte giornate del genere in quella strada che ci ha portati a vincere 17 titoli Nba».
Garcia ha sbagliato e ha ammesso i suoi errori: come fu per il collega Spalletti nel 2007, è voluto salire sulle quote da crociera dei boeing alla guida di un aerotaxi e la pressione lo ha sbriciolato. Anche la scenetta con i fotografi alla vigilia del match era sembrata forzata, quasi a mascherare un nervosismo latente a dispetto delle parole espresse («giochiamo con gioia e senza paura, siamo solo outsider»). «Anche se fa male, abbiamo già rialzato la testa, siamo secondi del girone e possiamo qualificarci. I nostri tifosi ci hanno dato tanta forza», il cinguettio del tecnico di Nemours nel difficile day after, in cui si è trovato a dover usare le parole giuste per ricaricare il gruppo. Chiamato subito a riprendere la bella marcia bruscamente interrotta e a inseguire il traguardo degli ottavi decisivo per il processo di crescita europea del club di Trigoria. «Erano demoni scatenati, è stata come una mitragliata al cuore, una partita incommentabile, c'era come una sensazione di sudditanza», così il tifoso vip Gigi Proietti che ha tentato tutte le scaramanzie con il gruppo storico, capitanato dal regista Stefano Reali, con il quale segue le partite dei giallorossi.
E se la stampa tedesca esalta il 7-1 e parla dei giocatori del Bayern come gli Harlem Globetrotters di basket («ma quello era uno show, questo è sport vero»), impietosa è l'analisi di Arrigo Sacchi. «La Roma ha perso la partita perché ha perso il confronto sul pressing, anche se quello di Guardiola era talmente insistente che forse non si può nemmeno chiamare così», così l'ex ct. Che allarga il discorso alle nostre squadre «non abituate al pressing, per questo nei confronti dei grandi club europei si trovano in difficoltà».
«Ma fra quindici giorni
vedremo una gara diversa contro una grande squadra come la Roma», il tweet dell'ex giallorosso Benatia. Garcia, per ora, pensa solo alla Samp. E all'inseguimento di quel tricolore ora invocato a gran voce dalla curva romanista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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