La piccola Croazia sogna in grande e fa sprofondare nel dramma l'Inghilterra. Un Paese di quattro milioni di persone può mettere ai suoi piedi il mondo del pallone. L'orgoglio di un popolo riassunto in una squadra che arriva alla finale del Mondiale giocando tre volte di fila i tempi supplementari. E ribaltando quelli che si considerino i maestri del calcio con i gol di Perisic e Mandzukic, due che giocano in Italia. Già gli inglesi, per i quali la finale della coppa del mondo resta stregata perché l'unica giocata e vinta risale a 52 anni fa. Ci riproveranno in Qatar, ma mai come questa volta si erano illusi che potesse essere la volta buona per riportare a casa il pallone. Invece le note di «The football's coming home» si ammutoliscono, la Croazia domenica aspetta la Francia per ribaltare definitivamente le gerarchie. Anche nel pallone a volte Davide batte Golia. Soprattutto se Davide non muore mai come la Croazia che non è solo talento ma anche cuore e carattere.
Una squadra, con tanta Italia rappresentata, che non si è arresa nemmeno dopo il micidiale pronti via che spedisce avanti l'Inghilterra. Ovviamente da palla inattiva. Un marchio di fabbrica. Non è il famoso trenino dell'amore su calcio d'angolo, ma un inedito. Perché Trippier fulmina il colpevole Subasic con una punizione. L'ultimo a riuscirci per i Tre Leoni era stato un certo David Beckham nel Mondiale tedesco, dodici anni fa. Gol che permette all'Inghilterra di giocare di rimessa, mentre la Croazia deve scalare una montagna. Southgate insiste (a torto) su Sterling che non segna da quasi tre anni in Nazionale, è l'unico appunto che viene mosso al ct con il panciotto in patria. Ma squadra che vince non si cambia. Dalic invece rispolvera Brozovic in una Croazia che va sotto-ritmo. Con nelle gambe anche le tossine delle fatiche extra. Poche idee e tanti errori per Modric e compagni e quando alla mezz'ora mettono la testa fuori, i segnali sembrano essere dei peggiori. Perché quando per due volte ti anticipano (Perisic e Rebic) a pochi passi dalla porta con la punta del piede (di Maguire e Young), inizi a pensare che il vento soffi alle spalle dei rivali.
Gli inglesi invece devono fare i conti con la controfigura di Kane, bomber implacabile fino agli ottavi, ma ora con le polveri bagnate. E fa niente che nelle due grandi occasioni sprecate, venga salvato dal guardalinee che sbandiera il fuorigioco. Lingard al termine di un'azione stile rugby non inquadra nemmeno la porta dal limite. La ripresa si trascina in un vorrei ma non posso. Ma dopo un'ora la partita svolta nel segno di Perisic che al primo sussulto sbatte sugli attributi di Walker. Ma al secondo tentativo l'interista trova una deviazione volante tanto spettacolare quanto efficace. Inghilterra in tilt e il nerazzurro sfiora il ribaltone in tre minuti, ma il palo dice di no. Lineker sintetizza da manuale: «Perché nel calcio quando perdi il tempo passa così velocemente e così lentamente quando vinci. Agonia». Ha ragione. E sarà pure fatale.
Finisce in crescendo la Croazia e la vince nei supplementari che si trasformano in un botta e risposta: Vrsaljko salva sulla linea la testata di Stones; Pickford mura Mandzukic. Ma Allegri deve essersi ricordato di chiamare il suo Mario che lo considera un portafortuna, dopo i precedenti delle telefonate con Danimarca e Russia. Perché l'attaccante della Juventus all'inizio del secondo supplementare trova la zampata che manda all'inferno il popolo inglese e in paradiso quello croato.
E pensare che quando l'Inghilterra giocava l'ultima semifinale mondiale prima di ieri (Italia '90) la Croazia nemmeno esisteva. Adesso è a un passo dal salire sul tetto del mondo. Venti anni fa la prima generazione di talento croata, quella di Suker, non ci riuscì fermandosi in semifinale. Adesso quella di Modric può fare la storia.
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