La piccola Dea Austria in campo all'italiana per farci tornare brutti

Il ct "veneto" del Wunderteam gioca come Gasp ma con noi punterà a farci male col contropiede

La piccola Dea Austria in campo all'italiana per farci tornare brutti

L'Italia è brava a prepararsi il terreno. Per l'impresa. La Turchia era una trappola, la Svizzera da prendere con le molle, per il Galles parlava il ranking sempre nei quartieri nobili. Risultato: tre vittorie su tre, zero gol subiti. La conseguenza: aperte le cateratte dell'entusiasmo. Ora i bookie ci vedono favoriti, il carro è strapieno. Ma il nome degli avversari travolti dovrebbe indurre alla prudenza sulle reali ambizioni azzurre. Adesso c'è l'Austria. Nell'avvicinamento sta accadendo che la concentrazione attorno alla Nazionale sia attratta dall'inginocchiarsi o meno e il pensiero già rivolto al Belgio di Lukaku. Quello sì che sarebbe il primo vero banco di prova per gli azzurri.

Wembley sembra una gita, per quanto scomoda tra tamponi e scartoffie da compilare per le restrizioni britanniche sul Covid. L'autostima del gruppo ha raggiunto livelli sconosciuti dopo il fallimento mondiale di quattro anni fa, ma Roberto Mancini in questi giorni a Coverciano sta lavorando soprattutto sulla testa. Aveva già iniziato all'Olimpico dopo le distrazioni difensive che avevano regalato a Ramsey e Bale i palloni del pareggio. Ma ora che l'avvicinamento all'ottavo di finale è entrato nel vivo e ha rialzato il volume della tensione. Squadra fatta, un paio di ballottaggi da portarsi fino all'ultimo: Bastoni o Acerbi per Chiellini (ieri ha lavorato a parte) e l'utilizzo di Verratti in alternativa a Locatelli.

E poi c'è l'Austria che per ora stuzzica con le gufate. «Prima o poi l'Italia dovrà perdere», dice il ct Franco Foda, mamma tedesca e papà italiano. Le origini emergono in tutto e per tutto sul campo. Perché Foda si è messo in mente di battere l'Italia con le sue stesse armi. Difesa e contropiede. Così ha infilzato l'Ucraina aggiungendo una buona dose di intensità dettata dall'inesauribile Schlager, uno che corre dietro a chiunque e ovunque vada la palla. Per quanto visto contro la squadra di Shevchenko si potrebbe parlare di una rivisitazione in piccolo dell'Atalanta, con i dovuti distinguo: ovviamente meno tecnica e organizzata della corazzata costruita dal Gasp. E anche a sentire Lorenzo Insigne sembra si stia parlando di una nuova Dea dell'Europeo: «È una squadra che corre tanto e pressa tanto».

Il Wunderteam è una colonia della Bundesliga, il novantadue per cento dei giocatori milita in club stranieri. Ma a parte Alaba, comunque posizionato, in un ruolo di difesa che fa discutere, classe e fantasia non sono peculiarità austriache. E allora il pensiero stupendo di Foda non deve togliere il sonno a Mancini, che però deve pensare anche a una partita diversa, perché non ha appello. Dentro o fuori e nel gruppo azzurro in tanti non hanno dimestichezza con l'argomento. E qui si torna a lavorare sulla testa. Più che sull'impostazione. Insigne insiste: «Dobbiamo studiarli, ma pensare soprattutto a quello che dobbiamo fare noi». Uno che sa come si segna a Wembley con la maglia azzurra. Era il marzo 2018, il mondiale di Russia era già andato. In panchina c'era il traghettatore Di Biagio.

È passata una vita. Ora c'è Mancini che ha eguagliato Pozzo, l'Italia non perde da trenta partite. Ma ha pur sempre battuto Turchia, Svizzera e Galles. Però siamo già da finale. Anche se a Wembley ci aspetta l'Austria, una piccola Dea.

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