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Messaggio di Conte alla Roma capoccia di Garcia Capello

Pirlo e Pogba le certezze di una Signora sempre tosta. Il mercato e il mago francese i veri segreti giallorossi

Messaggio di Conte alla Roma capoccia di Garcia Capello

È un'altra Juve, d'accordo. Un'altra Juve rispetto alla padrona assoluta del campionato, alla squadra schiacciasassi degli ultimi due tornei. Costretta a inseguire, vero, ma non meno determinata. Non c'entrano i nemici, dentro (Marotta?, non scherziamo per favore) e fuori (Roma e Napoli) Vinovo. C'entrano semmai la resa del suo centrocampo, motore instancabile delle cavalcate passate (Marchisio e Vidal sembrano le controfigure dei due decisivi eversori) e qualche leggerezza difensiva (sui due gol di Muntari). Deve arrivare dalla panchina Pogba per recuperare la forza ciclopica e infliggere al Milan l'ennesima lezione. C'è bisogno delle punizioni tele-guidate di Pirlo per sovvertire il fragile vantaggio rossonero e scoprire l'impreparazione di Abbiati e soci, travolti dalla strepitosa ripresa juventina. Altro che energie spese in Champions. Sotto il diluvio, la Juve di Conte tira fuori il meglio alla distanza, il Milan di Allegri si affloscia come un pallone bucato, tradito da una serie di inadempienze (Mexes il folle in prima fila) oltre che dalle assenze, troppe e concentrate tra settembre e ottobre per non lasciare il segno. È un'altra Juve, ma sempre dotata del ruggito antico, della voglia di dimenticare il Galatasaray e rispondere all'acuto della Roma. Non è una squadra stanca, nemmeno infiacchita dai successi recenti, per niente imborghesita nel gioco, solo nelle prestazioni di qualche esponente (Padoin non all'altezza) ma poi capace di trarre linfa vitale dalla panchina. Pogba prende a spallate la trincea rossonera, Giovinco firma la stoccata che riconsegna nelle mani di Conte il secondo posto condiviso con Benitez, capace di schiantare il Livorno. Se Tevez non infierisce sui mancati sodali, beh, ecco Pirlo che riprende a segnare contro i suoi amici di una vita (dieci anni). Se la Juve risponde “presente”, il Milan rimane impantanato a distanza siderale, 13 punti addirittura, dalla vetta. Come ad Amsterdam, regge un solo tempo il Milan, il primo grazie a un torello fine a se stesso. Conserva per meno di un quarto d'ora il vantaggio occasionale di Muntari. Dopo la sosta torneranno un po' di rinforzi ma pensare che sia possibile risalire la china come un anno fa è pura illusione.
Roma capoccia dimostra che è possibile risorgere dalle proprie ceneri di una stagione umiliante. Come capitato puntualmente all'Inter di Mazzari prima di sabato sera, con una partenza che cancella in parte difetti e vizi della passata stagione, senza aggiungere al paziente lavoro di Mazzarri, la qualità del gruppo che risulta invece vistosa a Trigoria. Qui è stato decisivo il lavoro, ben fatto, sul mercato di Walter Sabadini, finalmente libero di lavorare da solo, senza Franco Baldini: ha venduto, benissimo, a prezzi da sceicco Lamela, Marquinho e Osvaldo, ha acquistato, benissimo, gente esperta (De Sanctis, Maicon, Benatia) e talenti di sicuro avvenire (Lijalic, Gervinho), valorizzando la pedina che lo scriteriato Zeman mise da parte (De Rossi). È molto ben organizzata la nuova padrona del calcio italiano, dispone di una grande fortuna (niente coppe in settimana) e può contare sull'oro zecchino di Totti, rinato a terza gioventù, fisica oltre che tecnica. Con questo tesoro deve fare i conti anche Prandelli che può rinviare a maggio la scelta definitiva: dovesse il capitano presentarsi con questo smalto sotto lo striscione del campionato, sarebbe folle lasciarlo a casa. L'unico virus che può attentare il primato romanista è l'euforia della città e dei suoi tifosi. Il temperamento di Garcia, simile a Capello, è l'unico medico in grado di sconfiggerlo.

Cassano incanta Parma anche se ha sempre qualche chilo in più, Verona ha fatto 13 con l'impresa di ieri a Bologna: date un'occhiata a Giorginho e Iturbe.

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