Coronavirus

Il posto più pericoloso dei Giochi? La piscina. Ma solo durante i 90 minuti del riscaldamento

Rischio affollamento nel warm up: nel primo giorno già 300 atleti in gara

Il posto più pericoloso dei Giochi? La piscina. Ma solo durante i 90 minuti del riscaldamento

C'è un posto pericolosissimo a Tokyo e non è all'incrocio di una delle grandi strade di una megalopoli che va sempre di fretta. Il punto più pericoloso in questi giorni è pieno d'acqua e fa diventare il Covid un rischio calcolato: «Visto che sono vaccinata ha detto l'americana Zach Harting ha Japan Today mi sento sicura in tutta questa folla. Fino a quando non entro in vasca». Lei, infatti, gareggia nei 200 farfalla, e ha paura di rompersi le ali ad ogni bracciata. Il posto più pericoloso dei Giochi insomma è l'Aquatics Center, il complesso dei sogni costruito vicino al già noto Tatsumi International, un villaggio globale in cui il traffico quotidiano fa impressione ad ogni ingorgo mondiale. Non, ovviamente, durante le gare, nelle quali ad ogni corsia corrisponde un atleta. Ma quando c'è da riscaldarsi, momento in cui il distanziamento salta creando marosi e possibili infortuni. A volte meno possibili.

Cate Campbell ai mondiali di Roma del 2009 si allenava per la sua gara di dorso quando incocciò su Michael Phelps che riscaldava i suoi muscolacci nuotando a farfalla. Il risultato fu la rottura di tre vertebre e un edema al collo. Restò qualche giorno immobile, e adesso ricorda il tutto con un certo orrore: «Io andavo tranquilla, lui velocissimo. Il problema è che in quei momenti ognuno pensa per sè e alla fine c'è sempre chi ti tocca i piedi, piuttosto che qualche piede che ti ritrovi in mano. Onestamente è un vero e proprio incubo».

La Campbell è alla quarta Olimpiade, forse l'esperienza le avrà insegnato qualcosa. Ma di sicuro all'avvio del programma del nuoto proverà un brivido lungo la schiena. Gli organizzatori hanno cercato di correre ai ripari mettendo un freno al warm up: solo chi è in gara nella giornata può riscaldarsi nella vasca principale, gli altri tutti nelle piscine secondarie. E in più ci sono 90 minuti di tempo da dividersi, per non provocare ammucchiate. Facendo i conti però le acque restano agitate. Nel primo giorno comincia il sogno olimpico per 300 nuotatori, tra batterie varie e staffette comprese. Dividendo le corsie ce ne stanno poco più di trenta ognuna, ed anche se si dividesse l'ora e mezza in turni da tre, restano sempre undici o dodici forsennati a spruzzarsi a vicenda.

«Dipende anche come ci si tuffa spiega la sudafricana Chad le Clos -: se sei tra i primi te la cavi. Ma mi è capitato a volte di saltare addosso a qualcuno». Ricorda ancora la Campbell: «Nel 2009 io ero dalla parte giusta della corsia, Phelps in quella sbagliata. Ma nessuno poi ha detto niente».

Forse, a questo punto, ci vorrebbe quantomeno un semaforo.

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