Prandelli all'attacco. Ecco il ct vice campione d'Europa senza macchia che riparte per l'avventura mondiale, lunga anche questa due anni, con una raffica di giudizi e qualche scelta tecnica impegnativa. Si prepara in queste ore a Coverciano l'amichevole di Ferragosto con l'Inghilterra a Berna (per l'occasione maglia nuova che celebra il mondiale '82) e la partenza è proprio lanciata a dispetto delle tante assenze (juventini e napoletani più Balotelli rimasto a casa per una congiuntivite: al suo posto convocato Diego Fabbrini, Udinese). L'obiettivo della nuova missione azzurra resta impegnativo. «Voglio subito una squadra al passo coi tempi, voglio subito un gioco che regali emozioni, voglio subito lo spirito giusto per guadagnare il mondiale del Brasile», l'incipit di Prandellino.
Non c'è Cassano e non si tratta di un normale turnover: qui c'è di mezzo il comportamento a Cracovia del barese, qualcosa che non è andata giù al ct e al suo staff, inutile far finta di niente. Non è una questione semplicemente anagrafica. «All'europeo ho portato Di Natale, nessuno se l'aspettava. Ora voglio provare altro» la spiegazione di Prandelli. Come per dire: dovessimo aver bisogno, potrebbe rientrare. Anche sul conto di Balotelli c'è una frase che stabilisce i nuovi confini. «Un giocatore del suo calibro deve sapersi prendere le responsabilità» è la frase civetta del ct che ha sorvolato, giustamente, sull'ultima "balotellata" di Mario, a 24 ore dalla finale di Kiev contro la Spagna (fece venire da Londra il suo parrucchiere personale per sagomare meglio il nuovo taglio inaugurato all'europeo e rinnovare la tinta).
Ma il Prandelli all'attacco è quello successivo. Che non si tira indietro sui temi più scottanti dell'attualità e che riesce a distribuire carezze e scudisciate senza mai alzare il tono, senza mai aggiungere un solo aggettivo fuori testo. È il caso della squalifica di Conte e della polemica firmata da Zeman («un tecnico con quella squalifica non può allenare»): «Non la penso come l'allenatore della Roma, già la squalifica è un grave handicap e poi vediamo alla fine dei giudizi quale sarà la squalifica di Antonio». Tenero con Conte, durissimo con i napoletani e quel gesto sleale di disertare la premiazione dopo la supercoppa di Pechino ispirato dal presidente De Laurentiis. «Bisogna accettare le sconfitte e rispettare gli avversari» è la sua predica nel deserto di un calcio italiano già avvelenato a metà agosto. L'esempio più didascalico è arrivato dalle Olimpiadi di Londra appena concluse e dalla cerimonia di chiusura capace di trasmettere «pathos ma anche festa». «Bisogna abbracciare i vincitori» è la sua lezione di fair-play firmata senza mai citare una sola volta i protagonisti discussi e discutibili di Pechino. Ma forse il passaggio più acuminato è quello relativo a Bonucci e Criscito, i due azzurri rimasti impigliati nella vicenda calcio-scommesse. «Bonucci è stato assolto ma dopo essere stato condannato per tutta l'estate» è il suo sfogo rivolto al circuito mediatico. Sul conto di Criscito è rimasta la delusione per le frasi distribuite nei giorni successivi alla partenza per la Polonia.
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