Il Psg ha tolto la maschera a una squadra consumata

Le colpe di Inzaghi e club. Monaco come Cardiff, Marotta ora deve avviare la rifondazione che non fece alla Juve

Il Psg ha tolto la maschera a una squadra consumata
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Marotta, o meglio Oaktree, decideranno il futuro dell'Inter, ma il futuro di Inzaghi lo decide Inzaghi. Resta e rinnova? Va e saluta? Il tecnico si è preso un paio di giorni per riflettere. La sconfitta brucia, soprattutto per le proporzioni. Gli attacchi anche personali, che come sempre riceve a ogni sconfitta, altro non fanno che incendiare la ferita. Quel «non so se sarà in panchina al Mondiale per club» oggi preoccupa soprattutto Marotta, che all'improvviso si ritroverebbe senza allenatore e senza l'ideale sostituto (Allegri) e dovrebbe inseguire alternative suggestive ma difficili (Fabregas) o chissà quale altra ancora.

Suo malgrado, il presidente nerazzurro sta diventando un esperto di finali perse, sono già 4 (più 1 di Europa League). E questa di Monaco somiglia almeno un po' a quella di Cardiff, della sua Juventus contro il Real Madrid (1-4). Allora, Allegri lanciò l'allarme del fine ciclo e non fu ascoltato. Qui Marotta può ascoltare Inzaghi e suggerire, ma a decidere sarà Oaktree, con politiche che restano quelle di un fondo finanziario, che prima deve fatturare e poi se possibile vincere. L'aria è già cambiata, Susic e Luis Henrique sono i primi passi della svolta, ma il mercato dell'Inter (ora che i conti sono stati risanati anche grazie ai risultati di Inzaghi) diventerà simile a quello del Milan, non sarà mai il mercato del PSG, che ha preso qua e là i giovani migliori, pagandoli anche 50 milioni, come ha fatto l'estate scorsa con il 19enne Désiré Doué, il mattatore della finale. Inzaghi avrà voglia e forza per ricominciare un altro ciclo?

Ricordiamo una volta di più che l'Inter va al Mondiale per club non per grazia ricevuta o per semplice blasone, ma solo grazie ai risultati che con Inzaghi ha ottenuto nelle 3 precedenti edizioni di Champions League. Prima di lui, Spalletti e due volte Conte nemmeno avevano passato il primo turno. Eppoi le due finali in 3 stagioni: restano meriti, e non è colpa averle perse. Vergogna e tradimento, la batosta di Monaco ha scatenato l'esercito dei colpevolisti, quelli cui evidentemente sfugge il senso dello sport. Uno vince, ma arrivare secondi non è mai un fallimento, nemmeno nella stagione degli zero titoli. Onesto e bello, ed elogiato anche da Luis Enrique, il gesto dell'Inter di restare sul campo ad applaudire i rivali durante la consegna della coppa. Lo sport è questo, non togliersi dal collo la medaglia dei secondi, come troppo spesso si vede fare durante le premiazioni.

Poi si può spacchettare la finale in mille frame, chiedersi perché non sia entrato Frattesi, come il giocatore ha fatto polemicamente con Inzaghi a fine partita (e peraltro quando? per chi?), perché il gioco continuava a passare da Sommer, quando si vedeva che l'aggressione avversaria lo soffocava nella culla, capire se hanno pesato i 15 giorni senza partite di quasi tutta la squadra, fatta riposare a Como, ma la verità resta che l'Inter si è consumata inseguendo tutto e ottenendo nulla. Lo scudetto resta un rimpianto, troppe le occasioni perse, una in più del Napoli, che pure l'ha meritato.

Colpa di Inzaghi? O colpa di una squadra vecchia e a fine corsa, di un mercato a costo zero da almeno due anni e mezzo? Di zero alternative alla ThuLa? Se in Italia la storia della doppia squadra è una favola, in Europa, diventa una

barzelletta, solo che non sempre fa ridere. L'Inter è arrivata in finale per merito, perché è stata migliore sia del Bayern sia del Barcellona. Migliore, non più forte. Col PSG la maschera è caduta, altro che vergogna o tradimento.

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