"Il Psg ha tolto tempo e spazio all'Inter. Quei segnali già visti con Bayern e Barça"

L'ex ct Roberto Donadoni: "Francesi con due marce in più. E l'uno-due ha fatto male mentalmente"

"Il Psg ha tolto tempo e spazio all'Inter. Quei segnali già visti con Bayern e Barça"
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Servirebbe il medico legale per ricostruire gli ultimi 90 minuti d'agonia dell'Inter. Di sconfitte difficili da metabolizzare, Roberto Donadoni ne ha vissute in panchina sulla propria pelle: concluse la sua parentesi da cittì azzurro con una sconfitta ai rigori nei quarti di finale degli Europei '08. Battuto da una Spagna che da lì partì per costruire il proprio ciclo d'oro di due titoli continentali consecutivi e una coppa del mondo in Sudafrica. Donadoni, 62 anni da compiere, ha poi allenato a Napoli, Cagliari, Parma e Bologna. Nel mettere a referto la disfatta interista di Monaco, attinge al proprio pragmatismo bergamasco: «Quando perdi 5-0, vale tutto e il contrario di tutto».

Ok, mister, ma una spiegazione del tracollo e di perché sia maturato se la sarà data...

«A livello tattico è chiaro che ognuna delle due squadre ha portato in campo quello che sa ed è abituata a fare. Poi l'allenatore e il suo staff hanno valutato e considerato gli aspetti legati agli avversari. Ma la verità è che in finale c'è davvero stata poca partita».

Lei dice che ognuno porta in campo cosa sa fare: ma l'Inter non ha mai mostrato ciò di cui è stata capace nei mesi scorsi. Perché?

«Non riesci a giocare come vuoi perché hai di fronte un avversario. L'Inter ha studiato sicuramente il rivale, ma il Psg ha fatto altrettanto, maturando la consapevolezza che l'Inter ama avere il controllo del gioco e la predominanza territoriale. I francesi sono stati molto bravi in questo e hanno cercato di individuare i punti deboli dell'Inter, togliendole spazio e tempo per ogni possibile giocata. Poi, negli ultimi 30-40 metri, la differenza la fa la capacità tecnica».

Prima quell'insolito calcio d'inizio con la palla buttata a lato, poi la partita che ha preso subito una brutta piega. E al 12' l'Inter si è trovata già a rincorrere. Bravo il Psg a scrivere il copione?

«A prescindere dal punto di vista tattico, c'è stata una diversa interpretazione di aggressività, di personalità e intraprendenza: l'Inter è parsa subito in difficoltà. Se poi subisci un uno-due in quel modo, anche da un punto di vista mentale finisci per accusare il colpo. Pure nei singoli come Dimarco, coinvolto in entrambi i gol prima del 20'. Prima mettendo in condizione il Psg di fare l'1-0 in completa libertà. Poi sul 2-0 con una sfortunata deviazione».

Il tempo per reagire, soprattutto in una finale, però ci sarebbe stato...

«E sul 2-0 un minimo di opportunità l'Inter l'ha avuta. E con il 2-1 tutto sarebbe tornato in gioco. Poi però nella fase forse di maggiore spinta hai preso il terzo gol e questo ha messo la parola fine alla finale. Ma il Psg aveva due marce in più. Ha avuto più birra e freschezza atletica e questi fattori, uniti alla tecnica a disposizione, hanno fatto la differenza».

Con il senno di poi, può essere che la critica abbia sovrastimato il valore dell'Inter o sottovalutato quello del Psg?

«La tendenza è sempre quella di fare discorsi e valutazioni troppo legate al risultato finale. L'Inter arriva comunque da un'annata importante. E in Champions da partite emblematiche contro Bayern Monaco e Barcellona. Sono state gare in cui si è attinto a grinta e carattere, ma qualche difficoltà si era palesata anche in quelle circostanze».

Il riassunto, insomma, è che nemmeno lo stimolo del trofeo più importante da sollevare sia stato sufficiente per colmare il gap qualitativo?

«Quando arrivi in fondo a una stagione e ti giochi tutto in 90 minuti, quando

ti giochi anche una Champions, può starci che tutto sia più pesante. Ma se subisci una sconfitta di questo tipo, la verità è che non c'è poi molto da recriminare e serve riconoscere che gli avversari sono stati superiori».

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