Avrebbe voluto la vittoria per la città di Genova, ma nemmeno un cambio di spartito nella stonata orchestra azzurra e la commozione nel cuore mutano il trend della nostra Nazionale. Il pari con l'Ucraina - forse immeritato per le occasioni create - ha un sapore amaro e non può confortare un primo tempo dinamico nel quale l'Italia ha mostrato segnali di vita dopo l'elettroencefalogramma piatto delle ultime uscite. Si vede che Roberto Mancini ha lavorato al meglio nelle prime 48 ore di ritiro di Coverciano come interessante è l'esperimento del tridente senza centravanti. Ma l'impresa di sfatare il tabù vittorie si spegne dopo un'ora di gioco, quando si ferma anche l'Italia. E il Mancio riesce nell'impresa di fare anche peggio di un altro ct rivoluzionario Fulvio Bernardini (un solo successo nelle prime sei gare contro i due del predecessore). «C'è rammarico perchè non ci dice bene, meritavamo di fare un paio di gol, dobbiamo migliorare quest'aspetto, bisogna essere più incisivi», così il ct alla fine.
C'è molto di sentimentale e personale nel percorso del nuovo ct, che ha portato la Nazionale a Bologna prima e a Genova poi. Sotto la Lanterna anche i momenti toccanti della visita al ponte Morandi, dell'incontro con gli orfani della tragedia e del minuto di stop della gara con l'Ucraina al minuto 43, come il numero delle vittime del 14 agosto scorso. In campo vanno in scena le prove generali per la Polonia con il varo del tridente «mobile»: Insigne parte come falso nove, ma i compagni di reparto Chiesa e Bernardeschi ruotano sull'asse offensivo per non dare punti di riferimento. Il risultato è un'Italia straripante nei primi venti minuti che mette in affanno gli avversari (salvati dai riflessi di Pyatov), manda al tiro tanti giocatori e rischia pochissimo. Dal piede di Bonucci partono le iniziative azzurre, Verratti e Jorginho - finora schierati insieme solo a Manchester nell'amichevole con l'Argentina - sono troppo «bassi» e spesso non consentono fluidità di manovra ai difensori, l'esordiente Barella supporta bene il tridente e sfiora anche un gol.
Quando le squadre vanno all'intervallo, resta l'immagine di una Nazionale senza gol (manca la precisione sotto porta e l'Ucraina mette in fuorigioco i nostri in più di un'occasione), ma sicuramente la migliore del Mancio come atteggiamento, qualità di palleggio, pressing e determinazione. Per fortuna a inizio ripresa arriva la rete di Bernardeschi, che in realtà è una papera di Pyatov. Tredici degli ultimi 17 gol azzurri sono arrivati nella seconda parte di gara e questo è un dato che deve far riflettere Mancini. L'1-0 faticosamente guadagnato (per lo juventino è il secondo centro in Nazionale dopo quello al Liechtenstein, giugno 2017) manda in archivio il test dell'attacco senza un nove di ruolo, visto che proprio Bernardeschi lascia il posto a un impalpabile Immobile. Poco dopo Malinovskiy gela il Ferraris e gli azzurri, ristabilendo la parità nell'unico vero sussulto della squadra di Shevchenko. L'Italia fatica a riorganizzarsi in fase offensiva e si sfilaccia in quella difensiva (quello ucraino è il 10° gol di fila, compreso un rigore, subìto da dentro l'area).
La squadra si allunga lasciando spazi agli avversari e nella girandola di cambi (entrano anche Bonaventura, Pellegrini, Berardi e l'ultimo arrivato Piccini, decimo esordiente dell'era Mancini), la Nazionale non mostra più il mordente del primo tempo.
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