La rabbia c'è, ma viene dopo. Berlusconi compatta il Milan

Dal presidente nessuna frase all'Ansa, ha discusso solo con Galliani e Inzaghi. È molto scontento, però sa bene che lo spogliatoio va unito e non incendiato

Silvio e Barbara Berlusconi con una maglia del Milan speciale
Silvio e Barbara Berlusconi con una maglia del Milan speciale

Al Milan è tornata la quiete. La quiete apparente dopo la tempesta mediatica del giorno prima. La quiete provvisoria, bisogna aggiungere, è stata merito di una telefonata chiarificatrice, partita da Arcore, dopo la tempesta provocata dalle frasi attribuite, via agenzia di stampa, al presidente Silvio Berlusconi, le più appuntite erano rivolte al gruppo squadra e ai loro ricchi stipendi. Adriano Galliani, salito a Milanello per il secondo giorno consecutivo, ha ricevuto la telefonata e ne ha girato subito il messaggio distensivo prima allo spogliatoio e più tardi ai media. In sintesi il presidente ha negato di aver parlato con qualche giornalista del caso Milan e confermato invece di averne discusso solo con i due diretti interessati, il suo ad Galliani e il giovane tecnico, Pippo Inzaghi ai quali ha chiesto spiegazioni e chiarimenti.

Intendiamoci bene: Silvio Berlusconi, che sta dedicando molte ore del suo tempo oltre che puntuali visite settimanali al Milan, non può essere contento di quel che è accaduto dall'inizio dell'anno (squadra irriconoscibile, risultati molto deludenti, gioco assente, condizione fisica deficitaria) e delle conseguenze che tale disastro potrà comportare sui conti del bilancio (senza Champions league l'azionista dovrà intervenire per ripianare deficit da 30-50 milioni di euro). Di aspre critiche tecniche ne ha da fare e in privato di sicuro non le ha taciute al diretto interessato, a Pippo Inzaghi ma di sicuro non ha gradito, e perciò è intervenuto personalmente, la lettura scandalistica data alle sue presunte dichiarazioni. Non è il tipo da appiccare il fuoco allo spogliatoio, Silvio Berlusconi. Perciò non è importante provare a identificare chi (e perché) abbia fatto "uscire" quelle frasi, quanto ripristinare un clima di precaria serenità per affrontare i prossimi appuntamenti (due volte con la Lazio), due montagne da scalare.

Per superarle indenni, l'unità non sostanziale del club è fondamentale. Di questi tempi, giusto un anno fa, la decisione di Galliani, di trasferirsi in pianta stabile al fianco del gruppo guidato da Seedorf tra dissidi e veleni intestini mentre imperversava la contestazione seguita alla sconfitta interna col Parma, fu la premessa per rialzare la testa del gruppo e le quotazioni in classifica (quattro punti tra i viaggi di Roma contro la Lazio e Firenze). Anche un vecchio lupo di mare come Marcello Lippi, interpellato sull'argomento, ha espresso sostegno a Inzaghi ma ricordato che il contributo della società è elemento indispensabile. Anche perché nel frattempo, pedina dopo pedina, il Milan sta perdendo, tra difesa e centrocampo, un bel po' di esponenti. Domenica è stata la volta di Bonera (lesione al bicipite femorale sinistro, 1 mese fuori), creando un vuoto numerico pericoloso tra i difensori già messi in crisi dai ko di De Sciglio e Zapata e dalla squalifica di Rami; ieri è toccato a Nigel De Jong alzare la mano e segnalare l'insulto al flessore mediale della coscia destra, avvertito sul finire della sfida con l'Atalanta (ne avrà per 2-3 settimane). A questo punto Montolivo (sostenuto da una curiosa e sospetta campagna mediatica) potrà occupare il suo ruolo di regista centrale: è da quei piedi che può e deve passare un gioco migliore. Per fortuna, parziale, di Inzaghi da ieri è entrato nei ranghi anche il giovane Suso che si è detto «disponibile per la Lazio», massaggiando il cuore dei tifosi con una frase a effetto, «da ragazzo il mio idolo è stato Kakà».

Come si può ben capire non saranno queste dichiarazioni a riconciliare il Milan col popolo rossonero che ha abbandonato la squadra al suo mediocre destino. Le presenze a San Siro, tra campionato e coppa Italia, ne sono una plastica dimostrazione.

Trent'anni fa, Paolo Maldini, esordì a Udine (Liedholm allenatore): la ricorrenza è diventata l'occasione per registrare la solita cantilena, invocare l'avvento di qualche ex campione alla guida dirigenziale del team, quasi che bastasse una mossa di questo tipo per resuscitare il Milan degli invincibili. Domandina finale: quale fuoriclasse del passato, dalle nostre parti, non solo a Milano, è diventato un applaudito dirigente di calcio?

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