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Le ragazze americane giocano per la storia. Ma in mezzo al campo c'è sempre Trump

Le big non vogliono feste col presidente. Maschi contro il Messico... Senza muro

Le ragazze americane giocano per la storia. Ma in mezzo al campo c'è sempre Trump

La domenica post 4 luglio del soccer Usa potrebbe diventare storica. In dodici ore uomini e donne del calcio a stelle e strisce possono alzare un trofeo, ma il messaggio delle due finali è già andato oltre il campo.

Sullo sfondo c'è l'ombra di Donald Trump: Usa-Messico, atto conclusivo della Gold Cup (il campionato continentale del Centro America), è la sfida maschile che andrà in scena a Chicago alle 3 della notte italiana tra l'idea presidenziale di un muro anti-immigrazione illegale, l'odio per i latinos e la minaccia di dazi rientrata un mese fa per l'intesa raggiunta tra i due paesi; Usa-Olanda è la puntata decisiva del Mondiale femminile (alle 17 a Lione), con le calciatrici americane pronte a boicottare l'invito dell'inquilino della Casa Bianca - per ora sicuro il no di Megan Rapinoe e Ali Krieger - in caso di vittoria, a causa delle sue politiche discriminatorie.

Gli Yankees vogliono invertire il trend nei confronti con i Tricolor (quattro finali perse su cinque nel torneo della Concacaf), ed è curioso che la rivalità tra i paesi verrà messa da parte fra sette anni quando organizzeranno insieme al Canada il campionato del Mondo; le ragazze di Jillian Ellis - veterana della panchina avendo nell'ultimo ventennio guidato tutte le Nazionali donne - puntano al bis del 2015 e al poker iridato. Negli States il movimento del calcio in gonnella è in piena espansione: le tesserate sono solo un terzo meno degli uomini, ma le vittorie sono ben più numerose tanto che sponsor, tv e merchandising premiano le donne che dal 2012 hanno anche un campionato professionistico. Il gesto del thé di Alex Morgan - che ha innescato un caso diplomatico con l'Inghilterra - ha fatto più audience della danza del collega Pulisic (neo acquisto del Chelsea) dopo il gol che ha deciso la semifinale della Gold Cup con la Giamaica. «Il mio gesto? Gli uomini fanno di peggio, mostrando gli attributi...», così la Morgan in riferimento ai recenti casi di Cristiano Ronaldo e Simeone.

E ha fatto audience la polemica a distanza tra Megan Rapinoe, lesbica dichiarata dal 2012, e il presidente Usa. L'attaccante della Nazionale si è rifiutata di cantare l'inno nazionale, in segno di protesta contro Washington. «E in caso di vittoria non andrò alla Casa Bianca a fare l'amicona di Trump», ha tuonato la stella la cui maglietta è la più venduta di quelle dello sponsor tecnico Nike. «Mi rifiuto di rispettare un uomo che non merita rispetto», ha dichiarato la compagna di squadra Ali Krieger alla Cnn. «Non hanno ancora vinto...», la replica del presidente che ha deciso di non recarsi a Lione per la finale contro le campionesse europee dell'Olanda, mandando in Francia politici di serie B.

Ma domani a far notizia potrebbe essere la storica doppietta a stelle e strisce.

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