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Razzismo, il Milan: perché la Procura non ha sospeso la partita?

Il silenzio dei responsabili. Il giorno dopo la vergogna degli insulti razzisti a Bakayoko, la federcalcio e il suo presidente Gravina non parlano, non dicono nulla della scelta di non sospendere Milan-Lazio per provare a ristabilire la decenza, oltrepassata dai tifosi biancocelesti a più riprese. Un'altra occasione persa. Eppure la federazione alla vigilia aveva dettato la linea della fermezza. Un autogol, vista poi l'inerzia di fronte ai buu e ai cori. E così San Siro passa da Scala del calcio a teatro della vergogna per la seconda volta in pochi mesi. Bakayoko dopo Koulibaly. Mercoledì, come a Santo Stefano, allo stadio c'era il questore. Né Sergio Bracco, come il predecessore Marcello Cardona a dicembre, né la Procura federale e l'arbitro Mazzoleni hanno optato per l'interruzione temporanea della gara limitando l'intervento a due richiami dello speaker. Ieri la Lega di Serie A ha auspicato «la collaborazione da parte delle Forze dell'Ordine per individuare e punire i responsabili». Invece il duro comunicato del Milan che ha sentito «il dovere di denunciare» di fronte a «gravi episodi, ma la Procura federale non ha ritenuto opportuno avviare le procedure per porvi fine».

E il presidente Scaroni ha aggiunto: «È stato avvilente seguire un così importante evento sportivo mentre da un settore erano percepibili ululati e insulti razzisti». DPis

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