P atrocinare la buona causa di Mauro Icardi è compito molto semplice. È come difendere Belen dall'accusa d'essere racchia. In quest'ultimo caso diventano utili un paio di foto attuali. Nel nostro, invece, può bastare qualche cifra sottratta alla bibbia dei calciatori e in particolare dei centravanti. Ecco la più didascalica: a 26 anni Maurito ha collezionato la bellezza di 11 gol (in 33 presenze) con la maglia della Samp e 109 sigilli (in 178 partite) con quella dell'Inter. Al netto della recente bordata di Wanda Nara, procuratrice e compagna («non abbandona la nave come altri», riferimento alla partenza di Hamsik per la Cina), Icardi è il vero tesoro nell'isola che non c'è, il club neroazzurro dove solo di recente è arrivato Beppe Marotta per incarnare la figura del capo-azienda, assente fino all'altro giorno anche a causa dei tre cambi di proprietà in pochi anni e che non hanno offerto stabilità nè credibilità al management.
Il rinnovo del contratto non c'entra granchè con la perdita, momentanea, della vena. È invece utile segnalare come, dopo la sosta, si sia interrotto il prezioso cammino del gruppo. Col Bologna, forse impreparato al regalo di Poli, Maurito ha mancato un gol che in altri tempi, a occhi bendati, avrebbe comodamente realizzato.
Segno che dopo il successo col Napoli, blindato il terzo posto e staccata la concorrenza, dentro la testa dei neroazzurri è accaduto qualcosa che ha provocato la crisi recente. Icardi ne è rimasto coinvolto al pari di Perisic. Chi, come l'Inter, ha l'ambizione di tornare a fare l'Inter, non può fare a meno di Icardi, la prima pietra su cui ricostruire la grandeur perduta.
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