Il ribaltamento dei ruoli Inter nelle mani di Conte. Sarri indomabile alla Juve

Sulla Milano-Torino i presidenti alzavano la voce. Ora non più: sono i tecnici. E li imbarazzano

Il ribaltamento dei ruoli Inter nelle mani di Conte. Sarri indomabile alla Juve

C'erano una volta i presidenti ai quali bastava alzare la voce per rimettere ordine in casa. Erano Moratti e Berlusconi, erano gli Agnelli e Viola o Sensi. Oggi resistono in trincea De Lurentiis Aurelio e Lotito Claudio che dominano la scena con il loro frasario e le loro scelte, anche le più imprevedibili che hanno messo alla porta addirittura un professionista come Ancelotti.

Ma altrove la situazione è cambiata, a Torino e a Milano gli attori interpretano ruoli diversi dal passato. Andrea Agnelli non ha il carattere e l'astuzia dialettica del padre e dello zio così come è lontanissimo, anzi opposto, ai modi di Giampiero Boniperti al quale era sufficiente uno sguardo per mettere a tacere qualunque malumore interno o critica che provenisse dall'esterno. E così Maurizio Sarri, nonostante i tentativi di mettergli una sella, continua a correre come un cavallo da palio o da rodeo, scalciando qua e là, con posture e parole che hanno provocato qualche arrossamento sulla pelle piemontese, abituata ad altri stili e ad altre fedeltà aziendali. Le ultime dichiarazioni sulla maglia a strisce che favorisce l'assegnazione a favore bianconero dei rigori è un'offesa ai predecessori in panchina e a scudetti conquistati grazie appunto agli arbitri, anch'essi all'indice. Sarri è questo, non può cambiare a sessant'anni, ma si riteneva che potesse migliorare, appena modificando usi e abitudini ma devo aggiungere che avrebbe bisogno di una protezione che, invece, a livello di comunicazione è inesistente, se non addirittura controproducente. Ma è partita persa, alla proprietà l'argomento non interessa, se la comunicazione aziendale ha la priorità, quella sportiva è marginale. E Sarri diventa un battitore libero.

Idem come sopra a Milano, anzi peggio, molto peggio. Perché l'Inter è nelle mani di Conte, non soltanto la squadra ma la comunicazione effettiva al popolo dei tifosi. Perché se Marotta svolge i compiti del Ceo, con educazione e rispetto e astuzia diplomatica, il tecnico salentino vive, insieme con i suoi più stretti e fidati collaboratori, una vita professionale esclusiva che gli permette di svalutare o disprezzare le scelte del club, di annunciare querele, di sfuggire alle proprie responsabilità dinanzi alla stampa, delegando ad altri, in un momento critico, la parola ma con il suo pensiero. Conte è dominus, lo merita per i risultati ottenuti ma ne sta approfittando per l'assenza o fragilità di chi dovrebbe, invece, gestirlo, perché, infine, lui è sempre un dipendente, come Sarri, e dovrebbe stare alle regole della casa. Ma non è certamente il giovane Zhang ad avere queste capacità caratteriali di intervento e Marotta, ormai, conosce da anni il proprio allenatore e sa come sia praticamente ingovernabile.

Ripenso alle parole con le quali Achille Lauro, presidente del Napoli, rispose a Eraldo Monzeglio che gli annunciava le dimissioni da allenatore: «Stai

zitto e resta al tuo posto. Distinti saluti». Oggi Achille Lauro dice «me ne frego» ma trattasi del titolo della canzone che l'improbabile omonimo del comandante canterà a Sanremo. Il festival, di Torino e Milano, continua.

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