Si può vincere ad Anfield. La Roma lo ha fatto nel febbraio del Duemilauno, con un gol di Guigou. Ma si può perdere all'Olimpico contro gli inglesi, come accadde a quella stessa Roma guidata da Capello, come accadde in Europa League e in Champions. Soltanto i tifosi e i giornalisti consultano i calendari, il campo, quello delle coppe europee, smentisce i pronostici, come la storia di queste ore va a confermare. Ma tutto quello che accadde dopo il maggio dell'Ottantaquattro sembra non avere diritto di cronaca e di memoria. Resta una notte sola, poco maggica, la delusione più amara per i romanisti.
La sfida è affascinante, dunque, per quel precedente unico in finale, per Roberto Pruzzo che si avvita nell'aria e di testa, di mezza nuca, batte Grobbelaar ma quello stesso portiere clown sbriciola i nervi di Ciccio Graziani che spara il pallone ultimo sulla traversa, bomba chimica per la curva giallorossa che sognava il trionfo. Una finale che si porta appresso le mezze verità, i misteri, il ritiro di Cavalese con molti accidenti singolari, Falcao che si chiama fuori dal quintetto dei rigoristi, lo stesso Pruzzo che viene sostituito per un attacco di dissenteria, Liedholm che svela il nome del rigorista mancato, Strukelj, inglese di nascita e per questo scartato all'ultimo secondo, Cerezo fuori per infortunio e sicuro uomo dagli undici metri, Bruno Conti tremante nonostante il titolo mondiale in valigia.
Molto, moltissimo è cambiato in questi anni, oltre al campo, agli attori, agli allenatori. Sono cambiati i padroni di queste due squadre, sono arrivati gli americani che a Liverpool hanno gonfiato le casse di un club che andava zigzagando nei conti, prima del boom di tutto il sistema inglese. La Fenway di John Henry e Tom Werner ha iniettato denari, il fatturato sfiora i 400 milioni di euro, la compagnia di investimento è proprietaria della franchigia dei Boston Red Sox di baseball, così come James Pallotta, azionista di riferimento della Roma, ha in portafoglio i Boston Celtics di pallacanestro.
Roma-Liverpool diventa, per merito della mano di Shevchenko, un derby americano, di una città, Boston, che per il grande romanziere Raymond Chandler, fu creata da Dio in una domenica piovosa. Il calcio non fa parte della storia della città ma questa sfida continentale mette di fronte due tycoon da cinque miliardi di dollari, padroni che si giocano il futuro europeo.
Infine c'è la vicenda di Salah, l'egiziano rimpianto a Roma e nuovo idolo di Liverpool, primo calciatore nella storia ad avere vinto, per tre volte consecutivamente, il premio come miglior giocatore del mese. Salah torna all'Olimpico, può essere l'ultima partita sua in Europa. O l'ultima dei suoi ex compagni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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