Il Rinascimento dell'atletica italiana

Tortu e Crippa, ma anche Scotti, Iapichino e la Bogliolo. L'onda giovane va

Il Rinascimento dell'atletica italiana

Con un primato del mondo mangiato clamorosamente dalla pubblicità siamo andati a dormire dopo il bel Golden Gala romano del silenzio convinti di aver visto nell'atletica italiana luce anche oltre Duplantis il maghetto. Seguendo Balzac ci siamo detti che il meglio della vita, anche scrivendo di sport, sono le illusioni della stessa. Eppur si muove uno sport trascurato da troppe istituzioni che sembrava abbonato a troppe delusioni. Diciamo che nell'anno senza Olimpiadi non crediamo ancora alle favole degli impostori, ma i tre candidati alla presidenza federale (Fabbricini, Mei, Parrinello) che dovrebbero sostituire Giomi, dovranno ammettere che erediteranno una nuova generazione di atleti che merita fiducia e rispetto per quello che sta facendo.

Vero che i nostri cavallini di razza vedono molto spesso la schiena dei loro avversari, ma su questo Crippa, ad esempio, italiano di nuova generazione nato nel tormento della sua terra africana d'origine, bisogna fermarsi un attimo: per applaudirlo, ammirarlo, ma non certo per dirgli che i suoi nuovi primati italiani hanno cancellato un grandissimo come Totò Antibo che deteneva da decenni i record nazionali dei 10 e 5mila metri, o, magari, paragonarlo al talento purissimo di Genny Di Napoli a cui ha tolto dopo quasi trent'anni il primato dei 3000. Lui lo sa e ora può lavorare sereno. La stessa cosa dovrà fare il ventenne Scotti che intanto può dire di aver vinto sui 400 con primato giovanile una gara della Diamond League, cosa che agli italiani non capita spesso.

Per capire questa nuova generazione basterebbe ascoltare Luminosa Bogliolo, una che sui 100 ostacoli può correre sempre al vertice e sotto i 13 secondi: ha perso perché era inferiore, ma anche perché in partenza ha sbagliato e lo ha ammesso lei per prima. Così dovrebbero fare tutti, ma sappiamo che è difficile. Sognando che Larissa Iapichino, nata sotto le stelle di luglio nel 2002, figlia della grandissima Fiona May e di un nobile saltatore con l'asta di cui porta il cognome, possa maturare tranquilla pensando e sperando nei Giochi di Tokyo 2021. Così vorremmo che potesse fare Tortu, anche se ad alto livello è nel gruppo, così come Jacobs o magari Re, il primo italiano ad andare sotto i 45 nei 400. Su Tamberi, battuto a Roma dall'ucraino Protsenko, non abbiamo dubbi. È animale da competizione, ma gli serve una paratia stagna per difenderlo anche dalla sua esuberanza, nella speranza che le colleghe italiane dell'alto capiscano che non basta piagnucolare.

Diciamo che il filosofo La Torre, l'uomo che guida benissimo questa fase delicata di passaggio, sta costruendo una casa sicura per atleti che hanno voglia di fatica e non soltanto di gloria o quattrini. Nessuna illusione, allora, ma andiamo verso l'inverno con fiducia.

Testa bassa sui primi appoggi, il giro è lungo, la pista durissima e non vorremmo veder svanire nell'illusione un talento come il pesista toscano Fabbri che a Roma ci avrebbe fatto felici se avesse appoggiato la palla di ferro oltre i 21 metri, il suo territorio, quello dei grandi.

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