Due colpi da grande portiere contro i bulgari ed ecco che il miope, il pensionato, lo scommettitore clandestino, il fascistello, sono volati via come sa volare lui, da un palo all'altro. Gigi Buffon fa i conti con il rettilario nostrano. Fino a ieri pomeriggio era dato per sopravvissuto, un veterano con il bastone e la croce al merito sportivo, il nonno da tenere a capotavola e portare a letto non appena sparecchiata la tovaglia.
Centrotrentacinque partite fa lo vidi entrare in campo per caso, era appena passata la mezzora di una sera di ghiaccio, nevicava a Mosca e un ex sovietico aveva ammaccato la rotula di Pagliuca. Cesare Maldini disse al ragazzo di sbrigarsi, Buffon non aveva nemmeno vent'anni e nemmeno la calzamaglia, la maglia con le maniche lunghe, il cappello di lana pesante: era un portiere e basta, come lo è oggi, centotrentacinque partite dopo, con due figli in più, una moglie bellissima, una sparata di medaglie, coppe e trofei questi sì da veterano. Martedì a Torino affiancherà Fabio Cannavaro in testa alla classifica delle presenze in azzurro, è un primato di grande onore per un campione del mondo, come quella faccia da schiaffi del suo ex sodale Fabio. Fu proprio Cannavaro a fregarlo con un colpo sbagliato, dunque autogol, quella notte magica di Mosca. Nevicava come ci piace immaginare nelle favole, al buio, stando sotto le coperte, guardando lo spettacolo al di là della finestra appannata. E invece stavamo noi cronisti a cielo aperto, niente coperte, niente letto, i computer e i taccuini fradici di ghiaccio, il telefono verdognolo sul banco, un giocattolo inutile per dita intirizzite, il compagno di avventura, Giorgio Garofalo, ormai una memoria amara che se ne è andata maledettamente in fretta, distribuiva bottiglie di vodka ai giornalisti, qualcuno ne approfittò per imbucarle in sacca, altri provvedemmo a tirare su il giusto e di più, è preferibile non essere del tutto sobri quando si osserva una partita di pallone a zero gradi e mentre nevica e l'Italia si sta giocando la qualificazione al mondiale in Francia: là sarebbe arrivato lo champagne, qui l'acquavite e tutto l'alcolario possibile servivano per mettere a fuoco, in tutti i sensi, la situazione. Ma i computer erano inutilizzabili, provai a chiedere soccorso al giornale, il tecnico si chiamava Lorenzo, faccia da spaghetti western e tono paziente: «Bèla la vita, ti a Mosca e nui àlter chi. Hai provato a spegnere e riaccendere?». Tralascio il commento dalla Russia con furore.
Quando toccò a Buffon ci fu uno strano senso di tremore, non dovuto al termometro russo: Gigi sembrava appena uscito da una cabina del Bagno Paradiso di Marina di Carrara, correva verso la porta, saltellando nella fango e strizzando gli occhi nello sfarfallìo dei fiocchi di neve, aveva i pantaloncini corti, mica quelli da clown che indossa oggi lui e i colleghi suoi, la maglietta non aveva maniche lunghe, il gelo? Robetta per uno che era chiamato a servire la Patria. Per questo lo avrebbero preso a insulti e minacce, perché, si sa, questo è un paese di belle gioie e sepolcri imbiancati. Gigi aveva osato un giorno indossare sotto la maglietta ufficiale del Parma una canotta con la scritta Boia chi molla. Apriti parlamento. In verità era il ricordo di una scritta intarsita su un tavolino del suo collegio. Passò davanti al tribunale della disciplinare. Ebbe poi l'ardire di chiedere come numero di maglia l'88, lo volle dopo un infortunio, chiedeva quattro palle così, l'88 per noi maschiacci ma non per il responsabile dello sport della comunità ebraica di Roma, Vittorio Pavoncello, per il quale l'ottava lettera dell'alfabeto è l'acca che raddoppiata ricordava Heil Hitler. Buffon ripiegò sul 77. Quindi ci fu una storia di diploma fasullo e relativa multa di milioni sei di lire e infine, prima del mondiale vinto in Germania, la vicenda delle scommesse, delle sue amicizie a Parma, tutto il fango tipico di chi poi scrive della macchina del fango altrui.
Abituato a parare le pallonate figuratevi le palle, dunque siamo a quota 135, quasi 136, a Torino si preannunciano nubi sparse, precipitazioni isolate, temperatura attorno ai 12 gradi. Niente vodka caro Giorgio, niente «spegni e riaccendi», Lorenzo caro. Gian Luigi Buffon, di anni trentasei, miope e pensionato, gioca e para. Viva l'Italia.
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