Rivoluzione Coni: vince il rottamatore

Rivoluzione Coni: vince il rottamatore

RomaIl progetto rivoluzionario di Giovanni Malagò ha convinto la maggioranza dei 76 Grandi elettori: sarà lui, il «rottamatore» come è stato definito nella partita verso il voto, il 15° presidente del Coni. Il suo successo è frutto di una strategia elettorale chirurgica che ha tenuto scientificamente «sommerse» le preferenze a suo favore (saranno 40 alla fine, come gli aveva predetto poche ore prima del voto Franco Chimenti, il regista nemmeno tanto occulto del clamoroso risultato) e dimostra la voglia di cambiamento che si respirava nel mondo dello sport. Ne fa le spese Raffaello Pagnozzi, delfino del vecchio presidente Petrucci e segretario generale da un ventennio. Quella definizione di «usato sicuro», coniata proprio da Petrucci per il suo ex braccio destro, si è rivelata un boomerang. I 35 voti raccolti contro i 47 pronosticati (con poca attenzione sul «termometro» degli elettori) attestano il ribaltone.
Un ribaltone compiutosi ancora prima della doppia cena elettorale, diventata «delle beffe» per Pagnozzi che aveva avuto una maggiore adesione. La rimonta di Malagò è maturata progressivamente ed è stata completata almeno una ventina di giorni prima, quando era stata definita la lista dei Grandi elettori con le 28 nomine extra presidenti federali.
È una sorta di rivincita di Franco Chimenti, il presidente della Federgolf sconfitto 4 anni fa da Petrucci dopo le 24 preferenze ottenute. Da quel numero si è ripartiti e Chimenti è stato colui che si è adoperato per cercare i voti restanti tra i presidenti scontenti, magari già firmatari di un documento di intenti preparato da Pagnozzi. Chimenti sciorina davanti ai giornalisti una serie di foglietti con conteggi vari, ma senza svelare i presidenti convinti al «tradimento». Così almeno 11-12 voti di «franchi tiratori» sono approdati alla corte di Malagò grazie al lavoro di alleanze (e amicizie) intensificato nella fase finale, rendendo la volata dall'esito sorprendente e tutt'altro che scontata, come si prevedeva alla vigilia. «Si faceva ironia su di me, dicevano che non avevo chance», dirà poi Malagò.
La mattinata elettorale inizia con i discorsi dei candidati (citazioni di Fangio e Zatopek per Pagnozzi, con le parole fiducia, protagonista e coraggio per Malagò), passa dalla gaffe del presidente dell'assemblea Carraro («sulla scheda troverete i nomi di Petrucci e Malagò») e finisce con la corsa del vincitore nel Salone d'Onore per abbracciare le figlie Ludovica e Vittoria.
«Lo sport servirà da traino per il nostro disastrato paese, con lo sport possiamo creare sviluppo», la frase chiave di Malagò nella prima conferenza stampa da presidente del Coni. L'impresa la paragona alla «finale della Coppa Rimet del 1950, quando l'Uruguay di Ghiggia vinse al Maracanà con il Brasile...». Idee e coraggio non gli mancano: premerà sul nuovo Governo per la legge su stadi e impianti («il Coni passato non ha usato tutte le sue leve istituzionali...») e chiederà collaborazione alla politica, auspica una nuova candidatura olimpica dell'Italia, propone l'abolizione del terzo grado di giudizio («uno scontificio») per la giustizia sportiva e promette di cercare nuove strade di finanziamento tramite gli sponsor.
Non è riuscito a eliminare il calcio dalla Giunta, che avrà 3 donne su 13 componenti, un record di quote rosa.

«Avevo chiesto di non votarlo, ma sono onorato che sia entrato», la sua diplomatica risposta sul rapporto con Abete. Il primo atto da presidente? Assistere sabato all'Olimpico a Italia-Galles del Sei Nazioni di rugby. Non più come semplice tifoso...

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