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La rivoluzione del Sudafrica campione

La rivoluzione del Sudafrica campione

La prima volta fu il trionfo personale del primo presidente nero, Nelson Mandela, chiamato a consegnare al capitano bianco del Sudafrica François Pienaar la coppa del mondo di rugby vinta in casa nel 1995; questa volta invece è il trionfo del primo capitano nero degli Springboks Siya Kolisi che riceve la coppa dalle mani del principe ereditario del Giappone Akishino. Tra la prima e la seconda immagine c'è la storia del rugby che a Yokohama ha scritto un'altra delle sue pagine cariche di significati. Non tanto per il terzo mondiale portato a casa dai sudafricani, quanto per l'atto finale di una rivoluzione sportiva e culturale che ha veramente cambiato una nazione. Se il rapporto personale di amicizia tra Mandela e Pienaar (raccontanto nel film Invictus) fu uno dei simboli del passaggio dall'apartheid alla democrazia, il terza linea cresciuto nel ghetto di Port Elizabeth e diventato leader degli Springbok è il simbolo di un muro definitivamente abbattuto, perché anche nel Sudafrica post-apartheid il rugby era rimasto praticamente una riserva boera. E invece anche sulle due mete che hanno griffato il terzo mondiale sudafricano c'è la mano di due neri, Mapimpi e Kolbe, le due ali decisive nella finale contro l'Inghilterra, favorita della vigilia ma battuta 32-12. Altre immagini simbolo, come l'abbraccio spontaneo in tribuna tra il presidente Ramaphosa (nero anche lui) e il principe Harry nelle vesti dello sconfitto, in questa sorta di riedizione della guerra anglo-boera. Già, perché questo Sudafrica non è solo nero e i registi della vittoria hanno le facce afrikaner del ct Erasmus e del biondissimo mediano di mischia De Klerk.

Dall'altra parte invece il simbolo della sconfitta si chiama Eddie Jones, l'uomo che aveva rigenerato l'Inghilterra dopo

l' eliminazione 4 anni fa, e che sperava di vincere il primo mondiale dopo averlo perso in finale proprio contro gli inglesi da ct dell'Australia nel 2003. E invece è stato travolto anche lui dalla spietata vendetta del Sudafrica che quattro anni fa subì la sconfitta più sorprendente della sua storia proprio ad opera di Jones che allora allenava il Giappone.

Insomma, a volte anche il mondo ovale è un cerchio perfetto.

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