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Rossa&Rossi, annus horribilis. Il nostro motorsport risorgerà?

La Ferrari si affida alla rivoluzione turbo del 2014, Valentino al nuovo tecnico. I tifosi italiani possono gioire solo per il 7° mondiale di Cairoli nel motocross

Rossa&Rossi, annus horribilis. Il nostro motorsport risorgerà?

Per fortuna è finito. Per grazia ricevuta dal dio dei motori sta volgendo al termine l'annus horribilis dei pistoni e cilindri italici. Perché la Rossa Ferrari non vince da un pezzo ma sparsi qua e là c'erano sempre stati, ad alleviare le ferite, o un Valentino Rossi (fino al 2009) o un Max Biaggi (campione Superbike 2012). E così a parti invertite. Quando Vale e Max incespicavano c'era sempre una Rossa capace, il più delle volte, di tenere l'interesse fino all'ultimo (iridata 2008 nell'anno di Rossi battuto da Stoner e in corsa mondiale sia nel 2010 e nel 2012). Stavolta no. Caporetto motoristica su tutti i fronti, eccetto quello motocross. Dove Tony Cairoli ha conquistato il settimo titolo, il quinto di fila, ha fatto cose grandi e meravigliose, ma cose che fanno parlare e felici soprattutto gli appassionati della nobile specialità. Perché volenti o nolenti il motorismo di «Stato» ha quattro e due ruote slick. Punto. Annus horribilis, dunque, per cui meglio resettare tutto in fretta. E meglio che questo 2014 a pistoni e cilindri accenda i motori alla svelta. È impaziente, ovviamente, la Ferrari che per bocca del suo presidente, Luca di Montezemolo, ha detto chiaro e tondo che «nel 2014 saremo costretti a vincere». Frase purtroppo già sentita, ma carica, questa volta, di disperata volontà di realizzazione. Anche perché l'occasione è ghiotta. Il 16 marzo da Melbourne scatterà il primo campionato dell'Era turbo. Tecnologia, per via dei consumi con il contagocce, che rimescolerà parecchie cose. Soprattutto, a Maranello e un po' ovunque sperano azzeri certe geniali trovate della Red Bull firmata Adrian Newey. Una shakerata regolamentare che il Cavallino ha gran voglia di bersi tutta pur di tornare a galoppare. Cosa che in chiave iridata non gli riesce dal 2008. Non a caso, il rientro amarcord di Raikkonen, che proprio in quell'anno consegnò, vistosamente aiutato da Massa, il titolo a Maranello, va letto in questa ottica: pilota simbolo ed esperto da affiancare a pilota esperto e nervosetto e corteggiato - molto - dalla McLaren in chiave 2015. Cioè Alonso. Speranze di carte rimescolate rafforzate dalle preoccupazioni di Newey e Vettel («Spero non aumentino certi divari fra squadre») che però sanno di finta, diversivo, giusto per confondere e sorprendere poi. Comunque siano le forze in campo e le attese, resta il fatto che per la Ferrari, per il team principal Domenicali, per Alonso stesso - meno per Raikkonen - il 2014 sarà l'anno verità più verità di tutti gli altri. Perché molto è cambiato e se neppure quest'occasione verrà sfruttata saranno guai per un intero gruppo di lavoro. Gruppo che ha preso come dt il Ross Brawn giovane della F1, cioè James Allison (ex Lotus) ma non il Newey giovane, quel Peter Prodromou, vice Newey in Red Bull, andato invece alla McLaren. Da qui l'acquolina venuta ad Alonso. Sarà poi un anno molto significativo per lo stesso Montezemolo, visto che la Rossa dovrà riuscire a imporsi in F1 anche a livello politico visti i maltrattamenti 2013 (cambio gomme, test Pirelli-Mercedes, Massa punito a San Paolo). Si vedrà.

Si vede invece già benissimo che Valentino Rossi difficilmente riuscirà a tornare il Dottore di un tempo. In fondo è nelle cose, nella vita, nell'età che avanza, e soprattutto è nei due fenomeni che stanno monopolizzando la Motogp: Marc Marquez e Jorge Lorenzo. Uno iridato dei record e nemico sull'Honda, uno compagno e dunque ancor più nemico sulla Yamaha. Valentino ha corso da quarto per tutto il 2013, ha vinto - bene e romanticamente - ad Assen ma con Lorenzo stoico e dolorante (5°). Il che ha un duplice significato: che Jorge, se integro, è ora più forte e non ci sarebbe stata storia; o che, in assenza di un Jorge a posto, la Yamaha gli aveva sistemato una super moto. Dubbio, quest'ultimo, che si è insinuato in molti. Per Vale il 2014 sarà un anno di molte verità. Per scoprirle ha fatto anche una mossa se non sgradevole, certamente poco romantica: quella di rompere il rapporto con il tecnico di tutti i suoi successi nella classe regina, Jeremy Burgess. Ora si affiderà a Silvano Galbusera, ex Cagiva, Yamaha e nel 2013 Bmw Superbike. «Il mio futuro dipenderà dai risultati che otterrò, e avevo bisogno di qualcosa di diverso...» la sintesi del Vale sull'addio. Segno che o la va o la spacca. O vince stabilmente e prosegue o ritiro.
Nell'annus horribilis della MotoGp italica si è di nuovo distinta la Ducati che per il 2014, un po' come la Ferrari, s'affida molto al nuovo tecnico profeta. Stavolta Gigi Dall'Igna, deus ex machina dei successi Aprilia in Superbike. Aprilia che ha rivinto il costruttori, ma ovviamente ai tifosi interessa pochino. In mezzo a tutte queste brutture e alle speranze nascenti, una triste constatazione: la Ferrari ha piloti forti ed esperti ma vecchi. Rossi è forte, esperto ma vecchio. L'Italia a pistoni e cilindri o non ha ricambi, vedi motomondiale, o se li ha, non osa o riesce a lanciarli. Vedi Valsecchi in F1.

Anche se la Ferrari, tempo un anno, sarà costretta a esporsi per il suo piccolo prodigio: Raffaele Marciello, campione europeo F3 e pilota della Driver Academy. Ma lo farà?

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