Rudic: torti agli azzurri. Arbitri e Var ai Giochi hanno falsato il torneo

Docufilm sul "guru" del Settebello

Rudic: torti agli azzurri. Arbitri e Var ai Giochi hanno falsato il torneo
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È l'allenatore che ha vinto più titoli olimpici nella pallanuoto (4 con tre nazionali diverse) ed è il papà del Settebello azzurro che dal 1992 al 1996 ottenne lo Slam in tutti i tornei internazionali ai quali partecipò. Ora il poliglotta Ratko Rudic, 76 anni, nato in Serbia ma di origini croate, viene celebrato nel docufilm «Dogodio se» («È successo») del regista Dejan Acimovic, proiettato a margine della presentazione dei campionati di A1 maschile e femminile. «Non una celebrazione per me, ma il racconto di mezzo secolo di pallanuoto con tante testimonianze», precisa Rudic. Che parla anche dei recenti Giochi di Parigi con gli azzurri dell'allievo Campagna penalizzati da un clamoroso errore arbitrale nella sfida con l'Ungheria. «Arbitri e Var hanno rovinato il torneo olimpico - così l'ex ct dell'Italia -. Io sono a favore di questa novità tecnologica, ma deve essere sviluppata bene. E poi sono per chiamare meno il Var e dare fiducia alla decisione del campo dell'arbitro che però non deve condizionare le sfide. Ci sono stati tanti errori, tante partite condizionate dagli arbitri e l'Italia poteva fare risultato senza questi torti. La mia Italia-Ungheria di Sydney 2000 (dopo la quale fu coinvolto in una rissa, squalificato ed esonerato dall'incarico, ndr)? Diversa, in quell'occasione fu un arbitraggio a senso unico».

Oggi Rudic ha lasciato la panchina («sono stato per 40 anni al vertice, non avevo più motivazioni nè energie alla mia età ma credo di aver portato metodologie di allenamento all'avanguardia, la pallanuoto di oggi mi piace meno perchè mi sembra più calcolata...») ed è presidente del comitato tecnico della federazione croata. In più dipinge («ho appena tenuto una mostra, faccio arte astratta, alla Kandinski per intenderci, ma senza assolutamente paragonarmi a lui...

») e ricorda come lo sport sia sempre stato «un collegamento tra persone di diversi paesi e uno strumento di inclusione che prende tutto e non deve guardare alla politica, ma alle attività sociali». Un'altra lezione del maestro.

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