Chiamatelo pure effetto dejà-vu. Gianluca Mancini sta ricalcando sempre più le orme dell'idolo Marco Materazzi, in onore del quale sia in Nazionale sia alla Roma indossa la maglia numero 23. E come il Campione del Mondo 2006 nel corso degli anni è riuscito a completare una singolare parabola, che l'ha visto passare da difensore picchia-duro aspramente criticato a totem della propria squadra di club e protagonista in maglia azzurra. Con tanto di complimenti bipartisan verso un elemento, che prima era inviso alla stragrande maggioranza delle tifoserie avversarie. Ma andiamo con ordine. Il Mondiale in Germania fu lo spartiacque della carriera di Matrix, fino ad allora etichettato anche da buona parte della critica come un difensore di grande rendimento ma talvolta cattivo e scorretto negli interventi. Il trionfo del 2006 con tanto di gol in finale alla Francia ed espulsione di Zidane provocata l'hanno poi reso in un'icona (positiva) del nostro calcio. Nel suo piccolo (almeno per ora) anche Mancini sta attraversando il medesimo percorso, visto che fino a pochi mesi veniva considerato come uno dei marcatori più ruvidi in circolazione. Anche a lui venivano, inoltre, rinfacciati gli atteggiamenti provocatori nei confronti degli avversari e relativi scontri in campo.
Una casistica molto simile a quella di Materazzi, ma Gianluca prima con Ranieri e ora agli ordini di Gasperini ha ingentilito i propri modi. Meno diatribe e più gioco. Iniziando così a mettersi in mostra anche con gli assist (due nelle ultime due gare della Roma) e giocate virtuose palla al piede. Una metamorfosi che l'ha reso il trascinatore della Roma capolista in Serie A. Tanto che è in arrivo pure il rinnovo del contratto fino al 2029.
In Nazionale ora Gattuso gli sta dando spazio e Mancini ha risposto nel migliore dei modi, guidando gli azzurri al successo contro la Moldova. Una prova brillante suggellata dal gol che ha sbloccato la gara. Specialità di casa Materazzi e pure del Mancio, sempre più sulle orme del suo idolo d'infanzia.