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«Sapessi com'è bello vincere a Verona Ma anche a Milano...»

«Sapessi com'è bello  vincere a Verona Ma anche a Milano...»

Andrea Mandorlini come Osvaldo Bagnoli, il Verona di oggi come quello scudettato del 1985, caro Mandorlini dove vuole arrivare, non è che si è montato la testa?
«No, no, no, puntiamo anche noi allo scudetto, ma a quello della salvezza perchè ci interessa arrivare prima degli altri a quota 40 che vuol dire permanenza in serie A».
Ma una partenza così a razzo del Verona neopromosso se la aspettava?
«Certamente no, neppure nei sogni: il Verona non è da quarto posto».
E adesso magari pensa di sbancare San Siro?
«Il Verona non ha mai vinto a Milano con l'Inter, abbiamo più punti dei nerazzurri, ma l'Inter è sempre l'Inter. Certo, stiamo bene, abbiamo l'umiltà giusta, cavalchiamo l'onda dell'entusiasmo, ma le pare che proprio io venga al Meazza a prendermi i tre punti?».
Ha iniziato ad allenare i giovani nel 1994 e ha fatto una bella gavetta: ricordi belli e brutti?
«Sono tante le esperienze che ho vissuto e quelle belle prevalgono sulle brutte, che mi sono comunque servite a maturare. Le promozioni conquistate, il triplete in Romania col Cluji, la bella avventura che sto vivendo a Verona, insomma la mia è una vita meravigliosa».
Non ha mai pensato alla panchina dell'Inter?
«Si, ma a quella dove mi sedevo quando giocavo. Dai, non scherziamo, non è ancora il mio momento per l'Inter ma mi sto allenando in una grande città come Verona, dove pressioni e problematiche sono le stesse. E nessuno può rendersi conto quanto sia bello vincere a Verona».
Come la mettiamo col suo “presunto“ caratteraccio?
«Chi non mi conosce magari fa bene a pensarlo, grazie anche agli errori che ho commesso e che ho comunque pagato. Ma in questi anni sono cambiato e non temo di ammettere che mi sento migliore. Lo devo alle persone che mi sono state a fianco e al fatto che non ho mai smesso di guardarmi dentro».
Torniamo alle cose futili: ma che campionato è questo che vede una Roma imbattibile e un Verona delle meraviglie?
«È ancora presto per tirare le somme, anche se certe posizioni sono ben chiare».
Allora le elenchi.
«La Roma è incredibile, noi li abbiamo contrastati bene per 60' e loro in due minuti hanno chiuso la partita. Della Juventus posso solo dire che è forte, la più forte ed è ancora la favorita per il titolo. Il Napoli va bene, ma ha anche la Champions e una rosa non completa come quella dei bianconeri e quindi lascerà dei punti per strada. La mia cara Inter non può fare più di tanto e non mi sembra attrezzata per le posizioni di vertice. Come il Milan, giocatori normali, ma grinta e carattere che suppliscono a tante pecche. E la Fiorentina può aspirare a un piazzamento in Europa».
Il suo è un Verona sudamerica-dipendente: 6 brasiliani, 3 argentini, un uruguagio...
«I sudamericani hanno un bel carattere, creano allegria, ma sono anche gente tosta che lavora tanto».
Toni, Iturbe, Jorginho seguito dall'Inter, Rafael: anche il Verona ha le sue stelle.
«Toni è probabilmente il più grande giocatore che ho allenato, è un campione vero, disponibile e al servizio del gruppo. Iturbe è un gran talento e possibilità enormi. Jorginho è inseguito da tante squadre, non solo dall'Inter: è giovane e deve ancora crescere, ma ha i colpi giusti. E potrebbe anche fare comodo a Prandelli perchè ha il doppio passaporto».
I suoi maestri, a chi si ispira?
«Mazzone all'inizio e poi quel gigante di Trapattoni, nessuno meglio di lui. Comunque ho fatto esperienza sulla mia pelle».
Lei ha due figli calciatori...
«Davide gioca a Ravenna nei dilettanti, Matteo invece è nel Brescia e ha le doti per fare il giocatore professionista. Con lui io sono talvolta poco papà e troppo allenatore».
Allora, domani sera come finisce al Meazza?
«La partita è aperta ma, lo ripeto, l'Inter è pur sempre l'Inter.

Però, attenti alle sorprese».

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