Juventus-Lazio, ovvero quel che resta di due squadre dopo il Coronavirus. I biancocelesti protagonisti di un crollo verticale, i bianconeri in preda a una crisi di risultati difficilmente riscontrabile nelle ultime nove stagioni. Era la sfida scudetto prima della pandemia, del lockdown, non lo è più. Simone Inzaghi questo giorno se l'era segnato sul calendario, tanto che ieri ha detto: «Questa gara me l'ero immaginata diversa». L'aveva sognata tante notti durante la quarantena passata a un punto dai bianconeri, ma ora è a otto. Stasera non avrà anche Luis Alberto, oltre a una lista infinita di defezioni. Ma è la partita dell'orgoglio per la Lazio, che ha battuto la capolista all'andata e in supercoppa, sempre per tre a uno. Verrebbe da dire che non c'è due senza tre.
Se si dovesse avverare il proverbio, lo scudetto potrebbe tornare pericolosamente in gioco. Ma non è la partita della paura per la Juventus grazie anche al pareggio nerazzurro a Roma (e non perché fischia Orsato, lo stesso di Inter-Juve 2-3 del 2018, designazione che ha scatenato i social). Lo dice Maurizio Sarri parlando del suo futuro. Perché a tenere banco sono le sorti dell'allenatore in una squadra comunque al primo posto, che dopo il Covid ha allungato sull'immediata inseguitrice da una a sei lunghezze. Tutto questo non conta dalle parti di Torino, dove in fatto di autolesionismo sembra di rivivere i giorni, le settimane che portarono al clamoroso epilogo di Perugia nel 2000. Allora bistrattato era Ancelotti, oggi lo è Sarri dopo due punti in tre partite: «Stiamo vivendo un momento mai vissuto nei 110 anni di storia del calcio e che sta creando difficoltà ulteriori nelle partite un po' per tutti».
Il tecnico della capolista tiene la barra dritta: «No, non bisogna avere paura. Se fai questo mestiere non ne devi avere». A scanso di equivoci, manda un messaggio chiaro: «Io ho un contratto e per quanto mi riguarda lo voglio onorare a tutti i costi». Tradotto: non farà le valigie come al Chelsea. Sarri si è ritrovato suo malgrado ostaggio del passato a Napoli, che fin da subito ha allungato ombre sul suo futuro: il sarrismo. Anche su questo il tecnico prova a dare una spiegazione: «Sono due situazioni diverse. Alla Juve il lavoro è appena cominciato mentre a Napoli i 91 punti li abbiamo fatti al terzo anno. Bisogna vedere se riuscirò qui a lavorare tre anni».
Alla confusione in campo, sembra aggiungersi quella sul futuro: perché se da una parte dice di voler restare, dall'altra sembra mettersi lui stesso in discussione. Ricordato che si parla dell'unico allenatore italiano ad aver vinto in Europa nelle ultime cinque stagioni, il suo destino è legato a un doppio filo. Vincere il nono scudetto di fila o fare una grande Champions.
Solo l'Europa giustificherebbe gli ultimi tredici giorni choc: nove gol subiti in tre gare. Cose non da Juve, a meno che non si sia lasciato qualcosa in campionato per arrivare al meglio per l'assalto al trono europeo. Comunque sia, a partire dalla Lazio questa sera non ci sono più jolly da giocare.
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